Giovanni Zanella
GIOVANNI ZANELLA, un uomo ed un alpino autentico
Fiamme Verdi Aprile 2005 di Renzo Sossai

Giovanni Zanella è, infatti, nato il 7 marzo 1915, a poca distanza da dove risiede tuttora in località Parè che allora era compresa nel territorio di Collalbrigo di Conegliano. Nel 1935 fu chiamato a prestare il servizio di leva ad Osoppo, inquadrato nella 15^ batteria Gruppo Conegliano del 3° Artiglieria da Montagna. Fu congedato temporaneamente nel 1938 con il grado di sergente maggiore.
Di quegli anni giovanili, egli ricorda il proprio ardore ed il sano cameratismo fra commilitoni. Il nostro Giovanni non dimentica le sfide, spesso vincenti, fatte sugli sci a Sappada con i fratelli Sartorelli, uno dei quali, Stefano, era componente della "Scuola centrale militare d'alpinismo" di Aosta, vincitrice nel 1935 delle Olimpiadi invernali. Di Garmish-Partenkirchen (Germania) nella gara delle pattuglie militari. Sino ai primi mesi del 1940, Giovanni tornò a casa occupandosi dei lavori dei campi.
Nel preludio del secondo conflitto fu richiamato nel quadro permanente del Gruppo Conegliano di stanza al forte di Osoppo. Poi nell'autunno del 1940, l'approdo in Albania da Brindisi, via mare. Cominciavano così i preparativi per l'infausta campagna di Grecia. Il 28 ottobre 1940, diciottesimo anniversario della "Marcia su Roma", alle ore 6, sotto una pioggia battente, la Divisione Julia passava il confine greco sbaragliando agevolmente le resistenze delle truppe elleniche di sorveglianza. Alle prime facili vittorie, fece poi da contrasto una dura controffensiva greca che causò immani perdite umane e che mise "alla berlina" inverosimili carenze di armamenti, di materiali e di viveri da parte del nostro esercito schierato e soprattutto dimostrò quanto scellerate e macabramente fallimentari fossero le strategie degli alti comandi italiani.
I reparti della Julia furono tra i più decimati. Rimangono nella mente di Giovanni Zanella, i compagni caduti sulle pendici del Tomori, l'esagerata impavidità di un alto ufficiale caduto in un burrone, poi coperto dalla neve e ritrovato a primavera inoltrata, dopo il disgelo, i disagi causati dalla fame, dal freddo e dai pidocchi. Quest'ultimi lo accompagnarono per tutta la campagna di Grecia-Albania, li aveva contratti a Brindisi durante l'imbarco per l'Albania, li aveva combattuti con la cleorina, li debellò definitivamente al ritorno a casa in licenza.

Dopo quasi tutto il 1941 e parte del 1942, passati nel nord dell'Albania, ove fu ricostituita la Divisione Julia, e Giovanni aveva dovuto svolgere (mal volentieri) il compito di furiere, vi fu il rientro in Italia via nave. Il comandante del Gruppo Conegliano, l'indimenticabile Ten. Colonnello Domenico Rossotto, segnalò ai suoi artiglieri alpini, il punto del Canale d'Otranto dove era stata affondata, qualche tempo prima, la nave "Galilea" che stava trasportando in patria i superstiti del Btg. "Gemona". IL più glaciale silenzio scese sul reparto, nella mente e nel cuore un misto fra paura, rabbia, dolore e commozione si insinuò. "Maledetta guerra" fu il pensiero di tutti.
Il rientro ad Osoppo vide Giovanni Zanella ritornare alle sue funzioni logistiche di sottufficiale.
L'8 settembre 1943, coinvolse Giovanni, come tutti i militari in servizio in quel momento, nell'imbarazzo di decidere se resistere o consegnare le armi ai tedeschi. Il comandante del forte di Osoppo, che in un primo tempo sembrava voler scegliere la prima soluzione, decise di concedere a tutti una licenza limitata. Giovanni, assieme ad altri, tornò a casa. Ci vollero circa 8 giorni di cammino, per riassaporare l'aria frizzante delle dolci colline coneglianesi. Quell'aria gli divenne ancor più familiare e amica visto che aderì quasi subito ai movimenti partigiani e cominciando a vivere alla macchia. Fu preso una prima volta e portato presso la caserma Marras in località San Martino a Conegliano ove stavano costituendo i reparti alpini della Repubblica Sociale Italiana. Scappato, durante un nuovo rastrellamento fu nuovamente catturato e mandato assieme ad altri commilitoni, con una tradotta, verso la Valtellina ove si stava organizzando un fronte difensivo. Nei pressi di Vicenza, a seguito di un rallentamento del treno, riuscì a fuggire. Ripreso nuovamente, Giovanni fu imprigionato nella torre del castello di Conegliano, rischiando seriamente di essere trucidato dai nazi-fascisti. Evaso in un momento in cui si era allentata la sorveglianza, si nascose per alcuni giorni. Di lì a poco si concluse la guerra. Nei mesi successivi arrivò a casa una cartolina militare che lo invitava a presentarsi nuovamente ad Osoppo, ove, dopo le mille tragedie della seconda guerra mondiale, si stava ricostituendo il nuovo esercito italiano. Durò circa un mese questo nuovo arruolamento e finalmente Giovanni potè tornare definitivamente alla vita civile.
Si sposò con la sua amata Anna ed insieme ebbe 3 figli.

Infinito è ancora adesso l'amore per la montagna, che l'ha visto impareggiabile camminatore, tale da compiere quasi novantenne impegnative escursioni che sfinirebbero persone molto più giovani.
Giovanni parla di tutte queste esperienze senza enfatizzare, usando molta ironia e semplicità, doti che lo fanno ancor più apprezzare come uomo ed alpino autentico.