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2025 Sul Colle di Nava - Associazione Nazionale Alpini Sezione di Conegliano

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2025 Sul Colle di Nava

Attività > Attività 2025
SUL COLLE DI NAVA In compagnia di 13.470 fantasmi
Fiamme Verdi Luglio 2025 di Gino Ceccherini

È difficile spiegare. Ho fatto oltre 1000 km per essere qui. Ho detto a mia moglie: “Andiamo sul Colle di Nava, non ci siamo mai stati, passiamo un fine settimana in montagna e nel contempo partecipo alla cerimonia”.
Poi arrivo lì. Vedo il Sacrario, niente di che, neanche da paragonare al Sacrario del Grappa, o a quello di Asiago. Lungo la trafficatissima statale che collega il Piemonte con la Liguria, un cippo, due obici da 75/13 e molte lapidi. Mi soffermo a leggerle, una mi colpisce:

DIVISIONE ALPINA CUNEENSE
FRONTE RUSSO 1942-43
MANCÒ LA FORTUNA NON IL VALORE
FORZA DELLA DIVISIONE 16500
CADUTI E DISPERSI 13470
FERITI E CONGELATI 2180

La scritta sulla lapide continua con le decorazioni ma non le leggo. Mi concentro sui numeri, prendo il telefono e faccio la sottrazione. 850. Sono tornati a casa, “a baita”, solo in 850 “sani”... Non riesco a distogliere lo sguardo. Sono lì, fermo sul ciglio della strada con le macchine ed i camion che mi sfiorano. Un vecchio alpino, che sta preparando il luogo per la cerimonia del giorno dopo, mi vede, mi saluta e senza che io chieda niente mi dice: “Divisione Martire” e torna al suo lavoro.
Le nuvole sopra il Colle di Nava si addensano, lampi e
tuoni preavvisano che pioverà.
Preparo il Vessillo e mi schiero per partecipare allo scoprimento di una targa in memoria del Serg. Magg. Bentivoglio Nuvolone, M.A.V.M. del 1o Rgt. Alpini, Btg. Pieve di Teco.
Poche parole da parte del Sindaco di Taggia (paese d’origine di Nuvolone) e del Sindaco di Pornassio. Nell’aria c’è elettricità, poco dopo inizia a piovere, sono le lacrime di 13470 fantasmi in grigioverde.
Domenica mattina, per fortuna non piove. La cerimonia prevede la sfilata fino al Sacrario, l’Alzabandiera, la Santa Messa al campo, la resa degli Onori ai Caduti ed al Generale Emilio Battisti e l’Orazione Ufficiale del consigliere nazionale Giovanni Badano.
Pace! PACE! PACE! Questa è la parola che più e più volte è echeggiata nella alta valle Arroscia. Tutti gli oratori hanno sottolineato quanto la pace è fondamentale per il benessere di tutti gli uomini e delle società in generale. In un mondo in cui conflitti, guerre e tensioni politiche possono facilmente sconvolgere la vita quotidiana, la pace rappresenta un valore che va ben oltre l'assenza di violenza. È un concetto che implica armonia, cooperazione, e il rispetto reciproco tra le persone, le culture e le nazioni. In un ambiente pacifico, le persone hanno la possibilità di vivere libere da paura, di educarsi, di lavorare e di esprimersi senza la minaccia di violenza.
La pace facilita anche la solidarietà internazionale, il dialogo interculturale e la promozione dei diritti umani. La pace non è solo l'assenza di guerra, ma uno stato complesso e profondo che abbraccia ogni aspetto della vita. È un obiettivo che vale la pena perseguire ogni giorno, con impegno, comprensione e dedizione.
Solo continuando a fare memoria, a ricordarci cosa è la guerra, forse, riusciremo a insegnare ai nostri figli l’importanza del vivere in pace.
Per questo è attuale come non mai il motto impresso sulla “Colonna Mozza” dell’Ortigara: “…per non dimenticare”.
GEN. EMILIO BATTISTI
Dall'11 marzo 1941 assume il comando della Divisione Alpina "Cuneense" impegnata sul fronte greco-albanese poi nel luglio 1942 parte per il fronte russo.
Qui condivide la sorte dei suoi alpini rifiutando di salire sull'aereo, messo a disposizione dal comando tedesco, per porlo in salvo durante il drammatico ripiegamento del gennaio 1943. Nella notte tra il 26 e 27 gennaio il reparto comando della Divisione viene accerchiato definitivamente e, fallito ogni tentativo di aprirsi un varco, tutti i componenti cadono prigionieri. Sette anni dura la sua sofferta prigionia fra carcere duro e campo di concentramento.
Nel testamento chiese di essere sepolto con i «suoi alpini». Fu l’ultimo comandante della Cuneense.
LA GUERRA POI FINÌ
Specialmente nelle grandi città, dal mattino alla sera migliaia di donne e genitori attendevano i treni del ritorno; migliaia di mani alzate con le fotografie del marito, del fratello, del figlio. In molti giornali, accanto ai ritratti dei dispersi, l'annuncio “se qualcuno riconosce questo volto è pregato di rivolgersi alla famiglia".
Sulle nostre montagne, colline e pianure, mogli e genitori, in continua attesa a scrutare il sentiero di casa, ad aspettare, sperare, non rassegnarsi. Sulla collina di Verzuolo, un papà di nome Francesco, cinque figlie e due maschi: "Eduardu e Notu", entrambi partiti per la Russia: senza di loro come poteva continuare i lavori in campagna...
Chi avrebbe accudito al bestiame? Tutti i giorni papà Francesco rimaneva ore e ore a guardar la strada, aspettando i suoi amati figli che non sarebbero mai più ritornati. Papà Francesco morì di dolore. In provincia di Cuneo e in tante altre regioni d'Italia, vi furono migliaia di "papà Francesco”.
Il sacrificio di sangue totale della Divisione Alpina Cuneense, parte del Corpo di Armata Alpino inviato in Russia, con le Divisioni Julia e Tridentina, ad oltre ottanta anni dagli eventi, continua ad essere più che mai vivo, soprattutto nelle genti del nord e centro Italia, da cui provenivano quei ragazzi. Le adunate Alpine nazionali che si susseguono dal dopo guerra ad ora, trovano in quell'enorme sacrificio, mai dimenticato, un formidabile collante.
ECCO COS’È LA GUERRA

Per i pochi fortunati che riuscirono a ritornare a casa, la Campagna di Russia li trasformò per sempre, come ebbe modo di dire in un'intervista a Nuto Revelli, l'alpino Castellino Giuseppe, classe 1916, appartenente alla Nona Compagnia del Battaglione Mondovì: "…seguono giorni e giorni di confusione.
Arriva gente da ogni parte, il cortile sembra un deposito di bicilette. Tutti vogliono sapere, ma dopo mezz'ora che parlo mi mancano le forze. Mi chiedono “come stavate là?”, e rispondo solo “guardatemi”.
Le notti sono lunghe, non dormo mai. La sera dell'8 sul 9, la vigilia della festa della Madonna, mio padre mi annuncia un pranzo speciale per l'indomani, peperonata e polenta.
Vado a raccogliere i peperoni nell'orto, ne mangio tanti, crudi come li raccolgo. Così presto lapancia si gonfia come un pallone, proprio come avveniva nei campi di Russia. Quando arriva mia madre sono più morto che vivo. Ma poi tutto passa. Sto fermo giorni e giorni, a guardare gli altri che lavorano. Cresco un chilo al giorno. Dopo un mese non vedo più le punte delle scarpe.
Ma sono senza forze.
Infine mi sgonfio. (…) La guerra. Vado al ponte della Stura, che è alto, piuttosto di rivivere la mia guerra.
Se mia moglie compra un figlio gli tiro il collo piuttosto che debba vivere come me. Abbiamo un governo, una società ingiusta. Non posso lavorare, sono più morto che vivo. Ho una croce di guerra che non serve a niente. Sono invalido al lavoro per due anni. Ma nessuna pensione di guerra. Dei tedeschi non voglio sentir parlare, hanno poco da fare con me.
I nostri che vogliono il comunismo vorrei portarli in Russia a mangiare un po' del pane della “norma”, là gli insegnano.
Siamo mal ridotti noi pochi della Russia. Tbc, oppure cronici. Chi è un po' sano ha un altro debole, è alcolizzato. Sto in piedi a forza  di iniezioni. Nefrite cronica, rene grinzo, malaria, batticuore che ogni notte mi fa scappare e la moglie che grida: "Ma cos'eti, ma cos'eti"… e mi sento morire. Ecco cos'è la guerra".
ONORE ALLA 4A DIVISIONE ALPINA CUNEENSE PER SEMPRE NEI NOSTRI CUORI

Tutti hanno compiuto opera veramente sovrumana...
Dio fu con loro, ma gli uomini furono degni di Dio. Sarà perché avevano quella fede che li ha fatti diventare eroi; l’amore per la Patria e la famiglia, fede che diventa sempre più grande quanto più il gelo di una natura ostile, l’aggressione ossessionante di una terra nemica senza orizzonti e senza mete si accanivano contro di loro e quando le forze stavano per crollare, la visione dell’Italia, della famiglia lontana, era per loro una luce che li rendeva decisi a raggiungerla.
Solo uomini che possiedono così forte questa fede possono aver fatto quello che hanno fatto per cercare di uscire dal cancello dell’eternità.
Don Carlo Gnocchi, un cappellano degli Alpini in Russia.
Valujki (Russia), 28 gennaio 1943, ore 5,30, il Generale Battisti con i resti della Divisione "Cuneense" si arrendeva ai Russi. Stessa fine fecero le Divisioni "Julia" e "Vicenza" che concludevano tragicamente a Valujki il ripiegamento, dopo essersi sacrificate per permettere alle altre Divisioni di uscire dalla "sacca".
Commemorare tutti gli anni quel "28 gennaio" in Onore della "Cuneense" della "Julia" e della "Vicenza" e dei suoi migliaia di Caduti e Dispersi è un dovere.
Per troppi anni il sacrificio di questi ragazzi, se non dalle Associazioni Alpine, non è stato ricordato. Dimenticati nei libri di storia scolastici, dimenticati dalle istituzioni, dimenticati dai loro Comuni...
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