7° ALPINI


Giugno 1969

STORIA DEL 7° ALPINI

Scioglimento e ricostituzione

inizio
(27a puntata della storia del 7° Alpini)

Con la nostra rievocazione della storia del 7° eravamo giunti (n. 3/1968 di Fiamme Verdi) al rientro del Reggimento dal Montenegro, avvenuto nel settembre del 1942 al comando del col. Giuseppe Zappino.
Dopo il periodo contumaciale a Oblina nei pressi di Postumia, e quello trascorso nella zona di Torino, Avigliana e Rivoli Torinese, il 7° venne affidato - dall’1 novembre - al nuovo comandante col. Giuseppe Lorenzotti col quale raggiunse la Provenza (Francia).
Il battaglione «Feltre» - comandato, dal 4 settembre 1942, dal magg. Pasqualino Fornari - presidiò Digne, Riez, Saint Maximm, Istrès, S. Raphael, ed altre località fino al rientro in Italia che, iniziato il 4 settembre 1943, si concluse a Ventimiglia l’8 settembre all’annuncio dell’armistizio. Il 12 settembre - a S. Dalmazzo di Tenda il battaglione si sciolse.
Il «Pieve di Cadore» - che al rientro dall’Jugoslavia aveva trascorso il periodo di riposo a S. Michele Senosecchia - era ancora al comando del magg. Renato Perico col quale poi partì il 15 novembre 1942 da Rivoli per Cavaillon dislocandosi prima a Manosque e poi a Sospello, alle dirette dipendenze del comando della IV Armata; si ricongiunse al reggimento il 2 settembre 1943 e, giunto l’armistizio, ebbe affidato dal col. Lorenzotti il compito di attestarsi sul Col di Brins per difendere lo spostamento degli altri reparti del 7° da possibili infiltrazioni tedesche. Il «Pieve» si trasferì poi a Breglio e infine nella zona di S. Dalmazzo-Boves, rimanendovi fino al 22 settembre quando venne sciolto.
Il battaglione «Belluno» era stato destinato, al rientro dall’Jugoslavia, a Sordevolo di Postumia di dove partì per Avigliana e di qui - sempre agli ordini del ten. col. Giuseppe Luchitta a presidio in Provenza passando tra l’altro a Carpentras, S. Maximin, La Roche Brussant e Grimaud. Venne impiegato in lavori di difesa costiera fino al rientro a venuto all’inizio di settembre del 1943 - in funzione di retroguardia del reggimento - attraverso Nizza, La Turbie e Sospello, e poi con compito di sbarramento a Fontan fino al congiungimento con il reggimento a S. Dalmazzo di Tenda ove, per le accennate circostanze, il battaglione venne smobilitato il 12 settembre.
Gli Alpini del 7° iniziarono l’avventuroso ritorno verso casa.
Anche alla comune casa di Belluno - la caserma intitolata al trevigiano Tomaso Salsa - rimasero solo i ricordi conservati nel museo-sacrario che era stato costituito dal col. Carlo Ghe nel 1937 in occasione del cinquantesimo anniversario del reggimento.
I tedeschi si insediarono anche nella caserma del 7° e, all’inizio del 1944, disposero il trasferimento in Germania dei cimeli del sacrario; fu allora che il rag. Amedeo Burigo - che era stato capitano del Settimo - decise di agire per salvare l’insostituibile materiale storico.
Motivandola con il fatto di essere ragioniere capo del Comune di Belluno e dopo due vani tentativi, Burigo ottenne dal consigliere tedesco presso la Prefettura - dott. Lauer - l’autorizzazione ad entrare in caserma, per controllare l’avvenuta esecuzione di alcuni lavori disposti dal Comune di Belluno e finanziati dalla Prefettura tra le spese di occupazione.
Entrato in caserma con tre «assistenti», il bravo capitano Burigo nascose in varie casse tutti i cimeli del reggimento: i labari e i vessilli dei battaglioni, la bandiera del 14° Genio che era stata affidata al 7°, la bandiera col sangue del sottotenente Furio Nodus che fu il primo ufficiale del reggimento caduto in Albania, medaglie, trofei di guerra, fotografie, armi, diari storici, tutta la biblioteca reggimentale. Caricate su un carro, le casse uscirono dalla caserma per raggiungere un nascondiglio sicuro.
Finite le dure vicende belliche, Burigo consegnò le preziose testimonianze che aveva salvato ed ebbe un encomio dal Ministero della Guerra (19 settembre 1945) e una letterina di riconoscimento da altro ministro: pochino se ben si considera il rischio affrontato e l’importanza del risultato.
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Inquadrato nell’8° Reggimento, il «Feltre» venne ricostituito nel febbraio del 1946 col comando del magg. Valeriano Bortolazzi al quale, dal maggio al novembre dello stesso anno, seguì il ten. col. Antonio Perelli.
Il battaglione venne poi comandato dal magg. Mario Cracco fino al 31 dicembre 1947, dal magg. Nereo Fiamin fino al giugno 1949, dal magg. Carlo Mautino fino al giugno 1950, dal magg. Raffaele Distante fino al dicembre 1951, dal magg. Eusebio Palumbo fino al settembre del 1953.
Ed ecco finalmente ricostituito - alla data dell’1 luglio 1953 - anche il 7° Alpini, alle dipendenze della neo-costituita Brigata «Cadore»; alla caserma «Salsa» aveva funzionato, fino ad allora, un Ufficio Deposito comandato dal ten. col. Arpago Bazzali.
Il Reggimento rinasceva nettamente da zero, e il comandante col. Edgardo Gandolfo ebbe a sostenere un oneroso lavoro organizzativo (costituzione del Comando e della compagnia reggimentale) prima che giungessero l’1 settembre i primi bocia della classe 1931. E’ a questa data che si ricostituirono il battaglione «Pieve di Cadore» agli ordini del magg. Eros Ortore (compagnia comando e 67°) e il battaglione «Belluno» affidato al ten. col. Giuseppe Vinci (compagnia comando e 77°), oltre alla 7° compagnia mortai reggimentale; il «Feltre» rimase ancora qualche anno con l’8° Alpini.
Si vedrà, col seguito della nostra rievocazione, come il 7° ebbe subito qualcosa da fare fin dall’inizio; concludiamo per ora ricordando la grande manifestazione svoltasi a Belluno l’11 aprile 1954 per la consegna della bandiera al risorto Reggimento. Il comandante appese al tricolore i segni del valore degli Alpini del 7°: due decorazioni dell’Ordine militare, otto medaglie di argento, tre medaglie di bronzo.
La continuità col glorioso passato era ormai avvenuta.

(continua)