7° ALPINI


Febbraio 1967

STORIA DEL 7° ALPINI

«CADORE» e «BELLUNO» all’avanzata in Grecia

inizio
(22a puntata della storia del 7° Alpini)

Dopo Ciafa Galina, parte del Battaglione «Cadore» si recò - alla vigilia di Natale del 1940 - a dare rinforzo al «Feltre» seriamente impegnato a contenere le truppe greche provenienti da monte Gostanghes, nella zona di Verzheshe; altro reparto contrattaccò su quota 1217 ad est di Teguri, e il resto del battaglione, col «Feltre»e il gruppo «Belluno»raggiunse Dobrusha sventando in tal modo il tentativo nemico di aggiramento.
Il battaglione si spostò poi sulle pendici del Tomori, contribuendo - tra il 30 e il 31 dicembre - unitamente al «Feltre» - a respingere ancora il nemico; l’1 gennaio fu ancora di rincalzo al «Feltre» presso Novani e due giorni dopo la 67° si spostò a q. 1508 e poi a Sella Bargullas.
L’intero battaglione sostituì in linea il predetto «Feltre» dal 7 al 18 gennaio, portandosi successivamente nella zona a sud di Sirak e mantenendo la 67° compagnia a q. 2019.
Altri duri combattimenti attendevano il «Cadore» anche in febbraio, quando la 67° e la 68° effettuarono - divise in due colonne - una puntata offensiva su Dobrusha allo scopo di impegnare il nemico accertandone pure l’entità e lo schieramento; passato il torrente Perroj i Bronecit e precedute da pattuglie di esploratori, dai plotoni degli arditi e con l’appoggio delle batterie del gruppo «Belluno», le due colonne riuscirono a ributtare i greci e a raggiungere l’abitato di Dobrusha. Contrattaccati da forti contingenti avversari sostenuti dal fuoco delle mitragliatrici appostate sui roccioni di Selanj, gli alpini - avendo anche raggiunto lo scopo esplorativo previsto - ritornarono al punto di partenza.
Poi, il 9 marzo, il «Cadore» agevolò l’azione del «Feltre» dalla destra dell’Osum, puntando su Selanj attaccandone le posizioni e quelle di Skembi i Selanit per impedire lo spostamento di forze avversarie verso lo Spadarit.
La compagnia arditi reggimentali giunse di sorpresa al mattino sui roccioni di q. 729 (cadde nell’azione il sergente Riccobon del «Cadore», proposto per la medaglia d’oro) venendo poi costretta - dopo quattro ore di lotta - a ripiegare; gli arditi riconquistarono nuovamente la quota mentre il battaglione «Cadore» prendeva contatto con il nemico sotto l’imperversare del fuoco; la lotta durò dalle 11,30 fino al pomeriggio inoltrato concludendosi con il ritiro degli arditi da q. 729 e con l’occupazione, da parte del «Cadore», di Selanj bassa e dei costoni degradanti verso Losu.
Malgrado le reciproche forti perdite, si riprese a combattere all’alba del successivo giorno 10 marzo in quanto si presentava la necessità di riprendere la cresta di quota 729 dalla quale i greci minacciavano il fianco sinistro del «Cadore» ostacolandone l’avanzata verso q. 893.
La dannata quota venne ripresa dagli arditi a costo di sensibili perdite ma i greci, in parte travestiti con uniformi italiane e gridando nella nebbia «siamo del battaglione Cadore», arrivarono a immediato contatto con gli arditi alpini con i quali ingaggiarono una furiosa lotta corpo a corpo; la quota ritornò ancora ai greci e i pochi arditi superstiti si riunirono su un fianco della quota.
Nel frattempo il battaglione «Cadore» aveva iniziato l’avanzata verso q. 893 ma la reazione avversaria - in modo preponderante sostenuta dall’artiglieria - non rese possibili altri risultati all’infuori di quello prefisso di tenere impegnate le forze greche alle quali dovette anzi aggiungersi un battaglione che era destinato ad agire verso lo Spadarit e che avrebbe quindi appesantito la posizione del «Feltre».
Il «Cadore» passò, il 23 marzo, sulla sinistra dell’Osum per dare il cambio al «Feltre» dopo l’accennato attacco allo Spadarit; dopo qualche giorno ritornò sulla destra del fiume riunendosi fino al 13 aprile quando iniziò la controffensiva della «Pusteria».
I valorosi alpini di Perico, appoggiati dalla 44° batteria, ebbero l’incarico di precedere il movimento della Divisione - contrastato dall’artiglieria avversaria - attraverso q. 1508, Ciafa Sirakut, q. 1598, Ciafa Malasit, Korita e Ciafa Devris.
Il 18 aprile il battaglione giunse a Erseka e il giorno successivo passò alle dipendenze della Divisione «Tridentina» concorrendo all’occupazione della zona di Leskovica.
Ad avvenuto armistizio con forze elleniche, il «Cadore» affluì a Kukes ove l’attendeva il meritato riposo e il conferimento della medaglia d’argento al valore militare così motivata: «In ripetuti asprissimi combattimenti, di più giorni, contro agguerrito nemico sempre superiore di forze e di mezzi, nonostante gravi perdite proprie più forti perdite nemiche, rifulse in modo costante per strenua tenacia nella difesa, per audacia ed indomito valore nell’attacco, per spregiudicata temerarietà e celerità nell’inseguimento, per virtù militari e guerriere della forte gente cadorina (Fronte greco-albanese, 24 novembre 1940 - 1-23 aprile 1941».

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Abbiamo ricordato in precedenza le prime operazioni svolte dal Battaglione «Belluno» in concomitanza con la lotta sostenuta a Ciafa Galina dagli altri battaglioni del Settimo.
Si disse pure che, dal 6 dicembre, il «Belluno» si trovò - col «Val Natisone» e la 27° batteria da montagna - a sbarrare la Valle Zagorias.
Il 14 dicembre i greci attaccarono sulla sinistra del gruppo «Valle» del col, Pizzi costringendo ripiegare un nostro reparto di fanteria, per cui la 77° del «Belluno» venne spostata sulla selletta di fronte alla Vojussa per sostenere il fianco sguarnito del «Val Natisone».
Tre giorni dopo, il continuo incalzare del nemico rese necessario l’arretramento fissando la linea caposaldi di monte Bregianit a sinistra, e di Mali Ormova a destra; nel contempo il gruppo «Pizzi» comprendente il «Belluno» - passò alle dipendenze del XXV Corpo d’Armata comandato dal generale Carlo Rossi.
L’avversario attaccò ancora il giorno 21 venendo ricacciato, poi il 23 dicembre conseguendo qualche successo che venne annullato dagli alpini durante la notte; ma al mattino del 24 dicembre i greci avanzarono verso il Bregianit provenendo da Maleshove e da Bregiani.
Gli alpini combatterono in proporzione di uno contro cinque greci e, pur resistendo l’intera giornata, dovettero lasciare la posizione che venne riconquistata durante la notte; riperduto il 27 dicembre, Bregianit rimase ai greci malgrado il generoso tentativo compiuto il 29 dicembre dal «Val Natisone» e da una compagnia del battaglione «Belluno».
Riorganizzatosi nei succeduti pochi giorni di calma, il «Belluno» inviò il 10 gennaio una propria compagnia a q. 1349 di Mali Trebescines che rientrò il 20 febbraio con la forza ridotta a una trentina di uomini.
Un plotone della 77° era da tempo dislocato a Mali Ormova - sul monte Golico - per contribuire, assieme al «Tolmezzo», all’eroica difesa di quella posizione, e rientrò al battaglione ai primi dl marzo con soli tre superstiti.
Il 26 gennaio - dopo una contrazione operativa dovuta al maltempo - il «Val Natisone» riprese ad attaccare il Bregianit in ciò aiutato, dal giorno 29, da elementi della 77° e della 79° del «Belluno»; la cima del monte venne raggiunta e tenuta per quattro ore, ma - non essendo giunti i necessari rinforzi - dovette venire abbandonata pur restando gli alpini abbarbicati al monte nonostante la violenta reazione avversaria.
Le condizioni atmosferiche furono ancora avverse fino al 9 febbraio, il giorno 15 i greci attaccarono preceduti da una pesante preparazione d’artiglieria; particolarmente colpita fu la posizione tenuta dalla 78° compagnia che dovette ripiegare, assieme agli altri reparti, sul costone occidentale di Pesdani.
Il giorno 17 il «Belluno» tentò invano di occupare q. 1192 del Golico; innumerevoli furono anche allora gli atti di eroismo, tra i quali quello del cap. magg. Emidio Paoun decorato di medaglia d’oro con questa motivazione: «Comandante di squadra fucilieri, ripetutamente distintosi per ardimento e valore, attaccava animosamente una forte posizione e ne disperdeva i difensori con lancio di bombe a mano. Visto il suo comandante di plotone cadere mortalmente ferito, si slanciava con impeto contro forti nuclei nemici che contrattaccavano, riuscendo a respingerli. Rimasto con soli due uomini e visto che uno di questi, tiratore di fucile mitragliatore, era stato ferito, si impossessava della di lui arma ed insieme all’ultimo superstite avanzava in piedi gridando parole di scherno agli avversari. Ferito sua volta, non si arrestava, ma proseguiva nel suo eroico slancio, fino a che cadeva colpito a morte da una raffica di mitragliatrice. Esempio di alte virtù militari ed indomito coraggio. Monte Golico (fronte greco), 17 febbraio 1941».

Durante il contrattacco nemico trenta alpini resisterono per molte ore contro reparti agguerritissimi e preponderanti, aprendosi poi la strada a bombe a mano per raggiungere i resti del «Belluno» e del «Val Natisone».
Epica fu anche la difesa del costone occidentale di Pesdani: caddero, in combattimento il tenente Tosi, il ten. Merlino e molti altri, ma i greci non passarono, e il «Belluno» riuscì a rettificare favorevolmente la proprie linee.
Inutile fu pure l’attacco nemico dell’1 marzo, essendo anche giunti di rinforzo altri reparti italiani.
Il giorno dopo il battaglione «Belluno» ebbe finalmente il cambio e i superstiti vennero avviati prima a Perati e poi a Vertop, in valle Osum, riunendosi al «Feltre» e al «Cadore» e cessando di far parte del Gruppo alpino «Pizzi».
Il comando del battaglione passò, il 5 marzo, dal ten. col. Castagna al ten. col. Giovanni Lucchetta, e il «Belluno» svolse successivamente servizio di copertura per la conquista dei roccioni di Selanj e di altre azioni svolte nel corso del mese di marzo.
Alla fine di detto mese, mentre la 77° si trovava a q. 2019 del Tomori per impedirne l’occupazione da parte del nemico, la 78° compagnia partecipò alla tentata riconquista di Tege assieme alla 286° del «Val Pescara» ma - giunta a duecento metri dall’avversario - subì un violento fuoco di mitragliatrici seguito ed integrato da quello di sbarramento di mortai e di artiglieria che rese infruttuosa l’azione, rendendosi anzi necessario riaccostarsi al costone di q. 2019.
Ma il 13 aprile giunse l’offensiva finale e il «Belluno» balzò in avanti - nonostante la mai cessata resistenza greca - raggiungendo Ciafa Malasit, q. 1333 e Cerevoda il 14 aprile, poi Coprenska, Bregji, Glisi Haliglit e Surropul il giorno 16, Chessiberit il 17, Frasheri il 18, Erseka il 19, Strazzani il 23 aprile. Giunto l’armistizio, il battaglione si spostò dapprima a Konitza concentrandosi poi con il resto della «Pusteria» a Kukes.
Anche al Battaglione «Belluno» venne conferita la medaglia d’argento al valore militare per i suoi meriti attestati dalla seguente motivazione: «Per cinque mesi consecutivi combatteva strenuamente una lotta impari e dura, per difficoltà di terreno e di clima contro un nemico ben agguerrito e più numeroso, imponendosi con il suo valore e la sua tenacia. In un aspro combattimento, durato più giorni, nonostante le gravissime perdite subìte, teneva valorosamente testa all’avversario, difendendo accanitamente una posizione assai contestata ed offrendo largo tributo di sangue. Shes i Mal - Val Zagorias - Bregianit - Golico, 27 novembre 1940 - 23 aprile 1941».

(continua)