MONTAGNA


Dicembre 2018

Memoria e passione per la montagna

Pellegrinaggio escursionistico sulle cime dove si combatté la Grande Guerra

Abbiamo iniziato nel 2015 a voler dare un senso di solennità alle nostre uscite escursionistiche, andando a visitare i luoghi dove si è combattuta la Grande Guerra. Ci piace la montagna e quello che ci insegna, fin da quando eravamo ragazzi e tuttora continuiamo a frequentare i sentieri e le vie attrezzate.
Abbiamo avuto l’onore di essere chiamati a naja tra i ranghi dei battaglioni alpini della Julia e allora ci siamo detti: “Perché non ricercare, in questi anni del centenario, dei percorsi che ci portassero a vedere da vicino i luoghi sacri al ricordo?”
Dopo le Alpi Giulie e le Dolomiti, quest’anno ci siamo riproposti di peregrinare sull’Adamello. Partiamo il 30 giugno da Conegliano per il Passo Tonale dove, nell’ampio piazzale, possiamo lasciare le nostre auto. Da qui saliamo verso il Passo Paradiso e Cima Presena. Scendiamo al Rifugio Mandrone, dove ci aspetta un gustoso ristoro. Ripartiamo con obiettivo la Lobbia Alta dove pernotteremo al Rifugio Caduti dell’Adamello. Ramponi ben allacciati e zaino affardellato, ci addentriamo nello scenario suggestivo del ghiacciaio, che però, come spiegatoci dalla nostra guida, evidenzia un pericoloso e costante ritiro. A sera raggiungiamo la Lobbia e quindi completiamo una giornata intensa, passata con il cappello alpino sempre in testa. La serata e la successiva notte le trascorriamo vivendo la sacralità dei luoghi.
Ore 04.00 del 1 luglio. La sveglia non serve. Attorno a noi è tutto un prepararsi alla giornata, controllando corde e moschettoni, caricando zaini e verificando attrezzature varie. Facciamo colazione e alle 5 meno dieci siamo in cammino col cappello in testa. La nostra cordata parte con obiettivo Cresta Croce, dove è collocata la grande Croce in granito realizzata da Faustino Pedretti e benedetta da Papa Giovanni Paolo II. Iniziamo su ghiaccio, ma dopo poco tempo dobbiamo togliere i ramponi per salire su roccia e qui la nostra guida (Bepi Magrin, ufficiale alpino che ha passato parecchi anni a gestire la bonifica bellica del ghiacciaio) ci spiega che il ritiro dei ghiacci, facendo addirittura sparire le vie da percorrere, comporta sempre maggiori difficoltà nella salita. Nonostante tutto, tra un continuo togliere e mettere i ramponi, continuiamo a salire e raggiungiamo Cresta Croce (3267 m). Da qui ci dirigiamo verso l’obiettivo più significativo, ovvero il cannone G149 (Ippopotamo), portato fin quassù dagli Alpini durante il primo conflitto mondiale.
La storia ci racconta che il cannone venne portato in questa postazione dopo più di tre mesi di sforzi arrivando ad utilizzare, per il suo traino (diviso in più pezzi), anche duecento tra Artiglieri ed Alpini e che il 15 Giugno del 1917 il cannone aprì a sorpresa il fuoco contro le postazioni del Corno di Cavento appoggiando il vittorioso assalto degli alpini contro le postazioni dei Kaiserjager. Il cannone in tutti questi anni è stato restaurato più volte dai volontari alpini.
La traversata non risulta agevole. In vari tratti c’è bisogno di mettere in sicurezza il percorso, usando corde ed imbragature per continuare. Una volta arrivati l’emozione è grande ed essere lì col nostro cappello in testa ci rende ancora più orgogliosi di essere gli eredi di quei giovani che su questi monti hanno donato la loro vita all’Italia. Foto di rito, qualche preghiera bisbigliata e uno sguardo all’orizzonte a 360° che ti fa dire “ma quanto è bello il nostro arco alpino” ed è già ora di scendere, di rientrare.
Abbiamo trascorso tre giorni col nostro cappello sempre in testa (succede anche alle adunate, ma non è la stessa cosa) e mai come in questo tempo ci siamo sentiti fieri di portarlo, pensando a chi ha combattuto in questi luoghi e a quanto ha sofferto. Ci veniva da ringraziare l’ANA che si spende per far sì che nessuno dimentichi chi ci ha dato la possibilità di vivere liberi nella nostra Patria.
Il tempo atmosferico ci ha aiutato molto in questa tre-giorni alpina e ha garantito la praticabilità dei luoghi non certo facilmente raggiungibili. E’ stata un’esperienza entusiasmante sotto vari profili, in primis quello storico/culturale, poi quello alpinistico ed escursionistico ed infine quello umano personale.
Grazie Adamello! Grazie Eroi!

Eros Donadi e Fabio Tesser