RITORNO A GEMONA, 7 MAGGIO 2016


Giugno 2016

Perché aspettare così tanto?

Me lo sono chiesto un’infinità di volte, ad ogni anniversario, tutti i 6 maggio in questi 40 anni, soffocando quelle voci da dentro che in coro dicevano: “vai, vai…”.
Sabato 7 maggio di mattina presto, il cielo terso, luminoso e una brezza che solo maggio e giugno sono capaci di regalare, quella brezza che scuoteva le fronde degli alberi del viale che portava in centro ad una Gemona devastata, aveva oggi lo stesso suono di quaranta anni fa. Forse era una mia illusione perché quelle mattine di fine maggio e di giugno lo stormire degli alberi aveva un sottofondo come di treno lontano: erano le ruspe che lavoravano su in centro, erano italiani, tedeschi, polacchi, tutti al lavoro di mattina presto.
Sono voluto tornare a Gemona, alla caserma Goi in realtà, un pellegrinaggio al quale dovevo partecipare, perché le macerie delle palazzine del”Udine” dove si poteva salire sul tetto alto solo qualche metro erano una specie di santuario nella mia mente. Ora immagino non ci saranno più. Dovrei scrivere la cronaca della celebrazione sul piazzale della caserma.
Ogni cerimonia ha il suo svolgimento, si potrebbero descrivere i vari momenti senza parteciparvi: alzabandiera, picchetto, onori ai caduti, silenzio suonato da un trombettiere non sempre adeguato, inno nazionale, discorsi…
Questa mattina avrei potuto tapparmi le orecchie e chiudere gli occhi. L’emozione veniva da dentro solo nel cercare la strada per la caserma.
Non riconosco quasi il posto. Dove si trovavano le palazzine distrutte è stato tutto spianato, ora alcuni prefabbricati ad un piano, locali bassi, forse dormitori, qualche capannone arrugginito e un sequenza di sedie rosse di fronte alla chiesetta che, come mi ha riferito il presidente Giuseppe Benedetti, è stata ridipinta di fresco nei giorni precedenti dagli alpini della Sezione di Conegliano.
Sul piazzale sono presenti oltre duecento alpini, diversi ex ufficiali superiori, molte signore mogli e parenti di alpini, e penso di non sbagliarmi se tanti dei presenti dimostrano sessanta anni, giusta l’età per esserci stati lì in quel posto quaranta anni prima, proprio in quei giorni da giudizio universale.
La messa è stata accompagnata dal coro degli alpini e la coreografia abbellita da quasi un centinaio di gagliardetti di Sezioni e Gruppi del Friuli e del Veneto. Alla fine della cerimonia religiosa sono stati letti i nomi di tutti i 29 ragazzi deceduti la sera del terremoto.
E' stato piacevole vedere il commissario Zamberletti che tanto ha contribuito alla rinascita del Friuli dalle macerie del terremoto. Esempio di professionalità, correttezza e onestà.
Ha preso poi la parola la signora Giuseppina Cargnelutti Virilli che tanto ha fatto in questi anni per tenere vivo il ricordo dei giovani alpini morti; in un crescendo di emozione ha ricordato quegli eventi lasciando l’uditorio silenzioso e attonito.
In sequenza il sindaco di Gemona ha ricordato il dolore della sua città ma anche con orgoglio la determinazione di tutti quelli, a partire dai suoi concittadini, che hanno contribuito alla sua rinascita.
C’è stata poi l’attesa per l’arrivo, in ritardo, del capo di stato maggiore dell’esercito Danilo Errico che è stato accolto dalle autorità civili e militari.
Solo allora è stata deposta una corona al monumento ai caduti. Il generale ha poi preso la parola ringraziando, in particolare, l’allora commissario Zamberletti che di fatto fece nascere la protezione civile.

Luigino Bravin

Gemona: 40 ANNI DI MEMORIA - 1976-2016