Firenze


Dicembre 2008

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Gli alpini della Sezione di Conegliano a Firenze

“Firenze capitale dei profughi”: questa la motivazione che ha portato, a fine settembre, una nutrita e qualificata delegazione sezionale in riva all’Arno.

Sotto la puntuale e meticolosa regia organizzativa di Giuseppe “Bepo” Benedetti e guidata dal presidente Battista Bozzoli, la compagine alpina, alla quale si è aggiunto poi anche il consigliere onorario Lino Chies, accompagnata da alcune rappresentanze comunali, voleva così commemorare in forma ufficiale e solenne l’anno dell’occupazione austro-tedesca del Veneto orientale dopo la disastrosa ritirata di Caporetto e lo spostamento del fronte al Piave, il fiume che da allora connota indissolubilmente la nostra terra, la nostra gente, la nostra storia. In quel periodo, infatti, dal novembre 1917 al novembre successivo, il capoluogo toscano ospitò decine di amministrazioni comunali veneto-friulane e quasi 40 mila profughi, sui 180 mila circa, costretti a lasciare le loro case sotto l’incalzare delle truppe nemiche. Tra queste annoveriamo i comuni di Conegliano, retto dal Commissario prefettizio comm. Giobatta Rigato e ubicato in viale Regina Margherita; Godega dall’avv. Lorenzo Rigato in via dei Serragli; Mareno dall’avv. Cleanto Boscolo in via Pellico; Santa Lucia dal conte Francesco Gera in via Pellico; San Vendemiano dall’avv. Giuseppe Rigato in via dei Serragli; Vazzola dal dott. Pietro Mozzetti in via Pellico.

Proprio per questo, dopo il gonfalone della Provincia di Treviso, accanto al vessillo della Sezione e dei gagliardetti dei Gruppi vi erano anche i gonfaloni comunali scortati dai rispettivi sindaci o loro delegati: Floriano Zambon per Conegliano e per la Provincia di Treviso in qualità di vicepresidente, Fiorenzo Fantinel per Santa Lucia, Maurizio Bonotto per Vazzola, Romolo Romano per Codognè e Giorgio Visentin per Godega.

Uno straordinario evento che ha avuto la genesi due anni fa proprio a Conegliano quando, come ha tenuto a sottolineare il presidente degli alpini gigliati e consigliere nazionale, Giancarlo Romuli, egli ne era venuto a conoscenza in occasione della sua partecipazione in città alle manifestazioni dell’80° di fondazione della nostra Sezione. Romuli si premurò, allora, di informarne il sindaco di Firenze, Dominici, il quale fin da subito si era attivato per mettere in moto la macchina organizzativa che avrebbe poi prodotto il significativo appuntamento. Durante il suo discorso nello splendido salone di rappresentanza dei “Cinquecento” di Palazzo Vecchio, sede comunale, Romuli ha ricordato tutto questo e, citando alcuni passi specifici delle pubblicazioni “Piave. Le ferite della Grande Guerra” e “Conegliano. Un anno di occupazione straniera”, ha sottolineato il legame che lega Firenze a Conegliano e ha ringraziato Innocente Azzalini e Giorgio Visentin i quali, con le loro ricerche storiche, hanno riportato alla luce fatti e memorie ormai quasi dimenticate o sottaciute dalla grande storiografia nazionale. Il ciclo delle cerimonie si è diviso nei giorni 27 e 28 settembre in concomitanza con il Raduno delle penne nere del Quarto Raggruppamento che comprende le Sezioni alpine del Centro Sud e delle Isole.

Le celebrazioni ufficiali sono iniziate sabato 27 con l’onore ai Caduti nel chiostro prospiciente la Cappella de’ Pazzi del Brunelleschi per continuare poi sotto le ardite navate dell’attigua stupenda chiesa di Santa Croce nella cui piazza, ogni anno, si svolge la famosa partita di calcio in costume rinascimentale. La basilica di stile gotico è nota universalmente per gli affreschi di Giotto e per il famoso crocifisso del Cimabue, gravemente danneggiato dalla disastrosa esondazione dell'Arno nel 1966. All'interno del famedio, “tempio dell' itale glorie” come scrive il Foscolo nei Sepolcri, sono conservate le tombe di grandi personaggi ed artisti fiorentini ed italiani quali Michelangelo, Donatello, Galileo, Machiavelli, Alfieri, Alberti... e tanti altri.

Dopo la Santa Messa il corteo si è portato nel salone dei Cinquecento dove, dopo le orazioni ufficiali del sindaco Dominici, di Romuli e del presidente nazionale Corrado Perona, il prof. Salimbeni dell'università di Udine ha ricordato le drammatiche vicissitudini umane e materiali del profugato. Vicende di anonimi protagonisti con il loro pesante fardello di sofferenze, volti e voci che emergono dal passato con il loro ricco bagaglio di insegnamenti e che ora si fissano indelebilmente nelle nostre coscienze prima che il lento sgranare del tempo non li disperda nella generale indifferenza come foglie d’autunno.

Domenica 28, invece, scandita dall'eloquenza coinvolgente dello speaker nazionale, il nostro Nicola Stefani, per le vie del centro storico si è snodata la sfilata degli alpini, tra due ali di turisti incuriositi e plaudenti. Scendiamo dal pullman provenienti dall’hotel Florence di Calenzano, dov’eravamo alloggiati. Tira un fastidioso e freddo vento di maestrale. C’incamminiamo verso il centro. Per terra troviamo una penna ancora attaccata alla sua nappina bianca. Di chi sarà? “Ocio a la pena.- ammonisce qualcuno –Recordéve che sensa la so pena l’ alpin no l’è nisun!”, ma la giornata promette bene: il cielo è sereno e il sole settembrino dipinge le dolci colline crestate di cipressi, gli ameni belvedere e i poggi punteggiati di ulivi, che contornano la città, di trasparenze diafane. L’ammassamento è fissato in piazza San Marco, su cui s'affaccia l'omonimo convento dal cui pulpito il Savonarola fustigava con anatemi da inferno dantesco la famiglia de’ Medici e la corruzione papale, finendo per questo sul rogo nel 1498 per eresia.

La fanfara comincia a battere il tempo. Ci manca un po’ la stentorea e imperiosa voce di un cerimoniere puntiglioso ed autorevole come il nostro Nino. Si parte. La Sezione di Conegliano, la più numerosa e la più rappresentata tra le sezioni ospiti, fa una gran bella figura, come sempre del resto. Davanti agli schieramenti alpini, a fare gli onori di casa, i “Lupi di Toscana” che portano al guinzaglio, per l'appunto, alcuni splendidi esemplari di cani lupo. Il corteo, aperto dal gonfalone gigliato, passa tra gemme d’arte che mozzano il fiato: il Battistero, Santa Maria in Fiore, il campanile di Giotto per poi imboccare via de’ Calzaiuoli, rasenta Orsanmichele con le sue trifore finemente cesellate per entrare infine nella celebre piazza della Signoria dove, all’ombra dell’inconfondibile torre dell’Arnolfo, vi è il palco d’onore. E qui, stando attenti a non perdere il passo e l’allineamento, lo sguardo rapito vaga dalla Loggia dei Lanzi all'Arengario e si sofferma meravigliato sulle opere scultoree del Cellini, del Giambologna, di Donatello e sul maestoso David di Michelangelo. Lo scioglimento è previsto subito dopo, tra la Galleria degli Uffizi e il Lungarno da cui si può ammirare il celebre Ponte Vecchio con le sue caratteristiche botteghe orafe ed artigiane, uno dei simboli iconici più amati della città.

Due giorni di forti emozioni in una cornice di straordinaria bellezza da fissare nella memoria e nei cuori per sempre.

Giorgio Visentin