UN RICCO ALBERO DI NATALE


Ottobre 2006

La testimonianza diretta di Mario Pollastri, Alpino, volontario, entusiasta protagonista di una bella storia

Che razza
de Alpini...

C’è una “razza” di alpini che va di anno in anno ingrossando le sue fila: sono i volontari che si recano nel Terzo Mondo a costruire case, ospedali, strade, acquedotti, scuole… Spesso affiancano i missionari, quelli con il saio, e la loro opera, non ce ne voglia il Padreterno, è altrettanto meritoria. Sono i nuovi missionari. Stanno aprendo una nuova frontiera, alimentando la fama che vuole che per l’impegno delle penne nere non esistono confini.

Mario, l’Alpino,
l’Uomo

Mario Pollastri è un coneglianese che dopo aver frequentato la Scuola Enologica è stato per trent’anni direttore della cantina di Rauscedo. Ora vive a Pordenone. Iscritto nel gruppo della città friulana, non ha dimenticato le sue origini e nelle adunate sfila con la nostra Sezione. E’ stato uno dei pionieri dello scoutismo di Conegliano ed è grande amico del nostro Toni Cais. Ha partecipato all’Operazione Sorriso di Rossosch dove ha conosciuto degli alpini bresciani che l’hanno coinvolto in una grande avventura in America Latina. Questa è la sua testimonianza.
Gf.D.M. 

Mario Pollastri
Baby sitter

Questa è una bella storia. Una delle tante storie belle nate, e che continuamente nascono, all’ombra della Penna Nera.
Manca poco al Natale del 1997. Ricevo una cartolina dal Perù: “saluti da Basiglio, Stefano, Sergio” e altri. Dal cassetto delle cose care prendo l’elenco dei volontari di Rossosch, I° turno Aprile 1993. Cantaboni Eugenio – Bagnolo Mella (BS) cuoco.
Alzo la cornetta compongo un numero telefonico. Sento una voce nota. “Ba…si..glio…” grido. “Ciao Mario… come va?”. Mi emoziono un po’. “Grazie della cartolina …fortunati turisti!”. “No… sono stato a lavorare con alcuni alpini conosciuti a Rossosch per il Mato Grosso”. “Cosa è?” chiedo incuriosito. “Non è un’associazione, non è un club, non è un’organizzazione, non ha sede né telefono, né statuto né presidente. E’ un gruppo di volontari, sensibili alle necessità altrui, che, in questi trenta anni, hanno affiancato ed ingrossato il primo nucleo di venti persone che accettarono l’invito di Padre Ugo, Valtellinese, di lavorare con e per i poveri. Arrivarono nel Mato Grosso (Brasile) il primo luglio del 1977 ed il 20 Luglio cominciarono a costruire la prima scuola professionale. Padre Ugo aveva capito che la gente deve lavorare e vivere dove è nata per non incrementare i 3 milioni di abitanti delle favelas di Lima o i 300 mila delle favelas di S.Cruz (30 mila abitanti nel 1970 oggi 1.300.000). Ma per lavorare bisogna imparare. Ci vogliono quindi le scuole per diventare falegnami, elettricisti, meccanici, scultori, intagliatori, contabili, tessitori, guide andine e gestori di rifugi, agricoltori, infermieri. E poi l’assistenza sanitaria. Costruzione di tre ospedali e molti ambulatori, orfanotrofi, case per ammalati terminali, mense, centraline elettriche, canalette per l’irrigazione. Pensa, prosegue Basiglio, tutto gratuitamente per i poveri (quasi tutti) vitto e alloggio per tutto l’anno scolastico e, alla fine del triennio o del quinquennio assieme al diploma si portano a casa gli attrezzi di lavoro per poter iniziare l’attività!”. E’ tutto concitato il Basiglio ha fretta di dirmi tante cose.
Solo “BRAVI” riesco a dire a Basiglio che, tirato il fiato, prosegue: “sono ormai 60 scuole convitto, le chiamano Taller, gestite da 400 volontari, quasi tutti laici, sposati (con o senza figli) e non, che hanno fatto scelta di vita e non retribuiti vivono e condividono con i ragazzi ciò che la generosità di tanta buona gente fa arrivare o permette loro di acquistare. Tutto è stato costruito con i soldi portati, o inviati, da gruppi di volontari che continuamente si avvicendano. E il nostro è uno di questi. Andiamo portando l’esperienza acquisita a Rossosch, attrezzature lì inesistenti, tanta buona volontà e… spaghetti. Tutto a nostre spese”.
Sempre più meravigliato ed interessato chiedo “questa volta cosa avete fatto?” e Basiglio, con una punta di legittimo orgoglio, riprende “ nel 1996 abbiamo iniziato la costruzione di una rete radio per collegare i Taller, le jeep dei volontari, gli ospedali, gli ambulatori e i quattro rifugi costruiti sulla Sierra Blanca. Un lavoro da Alpini! Ripetitori e radio posti anche a 5.000 metri. Completeremo il tutto nel 1998. E mentre gli specialisti operano gli altri costruiscono a Marcarà la scuola di “andinismo”, ad Aiquile (Bolivia) un centro sociale. Pensa che solo dopo sette giorni dalla chiusura del cantiere un terremoto ad Aiquile ha distrutto quasi tutta la città… dalle povere case alla cattedrale! La nostra costruzione non ha fatto una piega”.
L’emozione mi coglie, vorrei partecipare. Ma la mia capacità operativa, nell’elenco citato, si limita ad… “aiuto cuoco”. Ma ardisco dire “posso venire?”. “Certo… a Rossosch eravamo in perfetta sintonia!”.
Felice dico “Ciao ne riparleremo…”. “ Ciao. Buon Natale” mi dice Basiglio. Quella cartolina così significativa, intrisa d’amore e di generosità, l’ho riposta vicino al presepe sotto l’albero di Natale.

Partimmo nel 1998. Completamento della rete radio sulle Ande Peruviane e poi su quelle Boliviane. Poi dai 3000 metri con un viaggio massacrante giù nella foresta Amazzonica a Sagrato Corazon. Questo è un villaggio, nato nel 1970, per la concessione del governo boliviano di un pezzo di foresta ai Campesinos. C’è uno degli ospedali costruito dall’OMG (Operazione Mato Grosso) è del 1972 ed è l’unico presidio sanitario in una zona grande quasi come la provincia di Treviso per una presunta popolazione di 15.000/20.000 abitanti.
Ultimo collegamento radio, rifacimento cucina e sala mensa per il personale, impianto elettrico rifatto, installazione di indispensabili ventilatori (40° all’ombra – 90% di umidità… ed era l’ultimo mese d’inverno). Si dice che il modo è piccolo. Per me… molto piccolo! E’ domenica. Andiamo a messa. Fuori, sul sagrato della Chiesa due tombe! Mi soffermo e leggo: Gianni Sattia anni 32. Volontario lombardo morto costruendo l’ospedale. Mons. Pacifico Feletti - fundador de Sagrado Corazon, Italia 1931 - La Paz 1995.
Siamo stati compagni di scuola all’enologia e scout. Mi viene un groppo alla gola.
Rientriamo a metà ottobre dopo un mese di lavoro!
E sotto l’albero di Natale ho messo tutto questo più… tanto sudore!

2000. I coniugi Trami (tre figli nati laggiù più una boliviana adottata) operano in America Latina da trent’anni come volontari dell’OMG, ci comunicano che nel villaggio di Canandoa, nella foresta amazzonica, il 75% delle capanne è stato distrutto da un furioso incendio. Arriviamo a fine marzo. Le capanne sono tutte ricostruite tradizionalmente. Canne, qualche tavola, tetto in foglie di palma! Nei cortili antistanti erano depositati mattoni, sabbia e cemento inutilizzati. E’ stato l’intervento del Governo! Neanche un muratore! Non c’è elettricità. Un solo pozzo per 1.100 persone! Lavoriamo coinvolgendo anche loro e sudiamo.
45 gradi all’ombra con 90% di umidità! Lasciamo loro un ambulatorio in muratura di 100 mq., dotato di servizi e pannelli fotovoltaici. Portiamo con noi la loro gratitudine e la loro gioia.

2002. Ci scrive la dottoressa Nunzia Trami: “Cari Alpini ho un “lavoraccio” da farvi fare. L’ospedale di Sagrato Corazon costruito nel 1973 ha il tetto in eternit, corroso dal caldo e dall’umidità, non ha soffitti, aiutateci!”.
Partiamo in 23. In 30 giorni togliamo l’eternit, rifacciamo il tetto, costruiamo il soffitto e sono 950 mq. Costruiamo 5 servizi, sistemiamo molti pavimenti, 5 nuovi servizi, tinteggiamo tutta la struttura con una spesa 16.730$. Ne avevamo raccolto 27.530$. Lasciamo a Padre Vicente 10.800 $ per costruire due casette (cucina, due camere, servizi) nelle favelas di S.Cruz.
Canandoa dista 70 Km da Sagrato Corazon. Se la pista è buona 3 ore di fuoristrada! Una domenica, invece che lavorare, decidiamo di andarci. Ci fanno festa. L’ambulatorio è là, bello e da loro simpaticamente decorato. Ma ciò che ci ha sorpreso e riempito di soddisfazione è che i campesinos si sono costruiti una trentina di casette in muratura! Lavorando con noi hanno imparato… a far malta!.
Una foto ricordo con il personale dell’ospedale. Molti di loro piangono. Noi partiamo felici ma con un nodo in gola.
La foto dell’ambulatorio circondato da bimbi, finì sotto l’albero di Natale.

2004. Le esigenze sono sempre tante e la Nunzia ha l’ardire di proporci 2 interventi: una casa per i medici dell’ospedale di Sagrato Corazon e “dare una mano” all’erigendo asilo nido nelle favelas di Santa Cruz. Qui padre Vicente, in 15 anni, ha costruito con l’aiuto di volontari e benefattori 90 case in muratura. Un asilo, scuole elementari e medie per 600 bambini, una mensa con 800 pasti al giorno. Mancava l’asilo nido. Partiamo in 22 con 10 quintali di materiale, medicinali, 33.860$ e, come sempre, spaghetti per noi.
Dopo 5 settimane lasciamo alle spalle 2 mini appartamenti da 55 mq ciascuno per un costo 18.629$. Nell’asilo nido l’impianto elettrico ed idrico, forniamo gli elettrodomestici per la cucina con un costo di 11.140$.
Ci ripromettiamo di tornare all’ospedale di Sagrato Corazon
Sotto l’albero di Natale del 2006 metteremo … “un padiglione per gli ammalati di TBC”.

PS1: se qualcuno (meglio se muratore) è disposto a spendere 1.300 euro, a sopportare caldo e freddo, umidità e zanzare contatti Mario Pollastri, Pordenone, tel: 0434-27635. Garantiamo incredibile, esaltante esperienza ed immensa soddisfazione.

PS2: e se qualcuno volesse contribuire in qualsiasi altra maniera… (sono sempre maledettamente ottimista!!!).

Mario Pollastri

La penna nera spicca anche in Brasile, tra chi ha bisogno

L’abbraccio riconoscente della gente di Canandoa agli Alpini