SUL COL MADAN


Luglio 2005

Cento, mille motivi per salire sul Col Madan

Esattamente vent’anni fa, il 2 settembre 1985 in occasione del 14° raduno annuale al Bosco delle Penne Mozze,  fui invitato dall’allora vice capogruppo di Santa Lucia di Piave, l’indimenticato Antonio Brisotto,  a presenziare alla commemorazione. Ebbi modo così di contemplare per la prima volta, il suggestivo paesaggio del Col Madan a Cison di Valmarino e di scrivere  una breve cronaca della giornata poi riportata sul “Tre Acque” il periodico santalucese di cui ero attivo collaboratore.  Da meno di un anno, avevo finito la “naja” e cominciavo a distinguere la presenza dell’A.N.A.  nella vita sociale dei nostri paesi.  In quella domenica di settembre di due decenni fa, più che dalla solenne cerimonia, fui colpito dall’ordine e dalla pulizia regnante in ogni angolo, dal piazzale sino ai più irti sentieri di questo bosco diventato giardino.

Tutto mi diede la sensazione di trovarmi in un luogo speciale. Non posso nascondere che la visione delle stele, con i nomi e dati anagrafici di quei soldati, servitori della patria sino all’estremo sacrificio, provocò in me una profonda commozione poi alleviata da successive riflessioni.

Ho cominciato a chiedermi il perché di quest’opera così maestosa, quasi conflittuale nei confronti della genuina e umile realtà della nostra alpinità. Per questo, sono ritornato di sovente al Bosco delle Penne Mozze ed ogni volta ho trovato qualche piccolo indizio per dare risposta alla mia sete di sapere.

Leggendo e ascoltando le varie testimonianze di chi c’era, mi sono imbattuto, nella figura quasi leggendaria del compianto Prof. Mario Altarui, Commendatore della Repubblica e Maestro del lavoro, soprattutto uomo ed alpino d'incommensurabile spessore. Pur non avendo partecipato al 2° conflitto mondiale per ragioni d'età, egli aveva posto nel proprio cuore, l’amara sorte di tutti i caduti alpini trevigiani, da Adua sino ai più recenti dipartiti per ragioni di servizio. Li considerava come suoi figli e dopo averne ricordato le gesta e i loro tristi destini in numerose pubblicazioni editoriali, desiderò riunirli idealmente perché non fossero dimenticati e specialmente per quelli caduti in luoghi lontani, perché potessero ricevere un fiore ed una carezza dai propri cari straziati dal dolore.

Fu un uomo assistito dalla più vera Fede Cristiana e come tale rincorse questo sogno partorito negli anni ’60 quanto in epoca di contestazioni, gli ideali di Patria venivano da molti denigrati e nei decenni successivi quasi del tutto ignorati. Egli vagò errante  per la pedemontana trevigiana fino a quando, invitato dagli alpini di Cison ad una cerimonia,  trovò in questo meraviglioso angolo delle prealpi, il luogo ideale per far sorgere il “parco della rimembranza” da lui tanto agognato. Non fu facile mettere in pratica la sua idea, non tutti capirono subito e non si trovò sempre la pronta disponibilità finanziaria. Mario Altarui ebbe il pieno appoggio di altri veri, indimenticabili alpini come il Sindaco di Cison Marcello De Rosso e il giovane capogruppo di Cison Marino Dal Moro e tanti altri ancora sino all’attuale Presidente dell’associazione Penne Mozze,  Claudio Trampetti.

Insieme riuscirono in questa grandiosa opera.

Il “Bosco” negli anni si è sempre più abbellito, grazie alla cura impareggiabile degli alpini di Cison, aiutati anche dalle quattro sezioni ANA della Provincia di Treviso. Dall’ormai lontano 1971 ben 2372 stele sono state posate sul Col Madan. Ora lassù fra gli umori dolci d'acacie e di faggi e quelli più aromatici di conifere, ai piedi della montagna che a loro fu cara, riposano all’ombra, contornati dai fiori spontaneamente belli, le migliori gioventù di diverse generazioni ma di uguale spirito  e amaro destino. Tra il cinguettio d'uccelli e il fruscio di rami provocato da quel vento che bacia i fiori ma non li coglie, ci sembra di sentire il mormorio di questi ragazzi che sono qui a ricordarci il rispetto per la vita, il valore puro degli ideali, l’amore per la Patria. E’ questo forse il concetto che spinse Mario Altarui, sognatore  e lungimirante nello stesso tempo, ad “inventare” il Bosco delle Penne Mozze.

Ci sono dunque a mio parere cento, mille motivi per salire ad onorare con la propria presenza ed il proprio cappello alpino questo luogo e in questo modo raccogliere il messaggio di non dimenticare sacrifici e sofferenze, per sperare in un mondo senza guerre e dolori.

Renzo Sossai