INVECCHIARE DA ALPINO


Aprile 2005

Cosa si prova a stare davanti ad un vecchio Alpino di 95 anni, che sorride con gli occhi, che senza vergogna ti chiede di ripetere quello che gli hai appena detto perché è un po’ sordo, che si presenta ordinato, con la barba fatta e la stretta dì mano ancora vigorosa?
Dopo essere andato a trovare Angelo Antoniazzi, l’Alpino più “vecchio” tra gli iscritti della nostra Sezione, nella Casa di Soggiorno Divina Provvidenza di Santa Lucia di Piave, ho pensato: “vorrei invecchiare come lui”. Invecchiare nella serenità e nella pace con gli altri. Invecchiare da Alpino.
Quando nelle nostre ricorrenze vengono ricordati gli Alpini andati avanti e quelli colpiti da malattia, mi prende sempre una certa emozione: gli Alpini non dimenticano chi si trova nella sofferenza o è passato ad una vita non più terrena.
Invecchiare da Alpino. Questa è la mia speranza.
Invecchiare con quei valori che la nostra Associazione esprime, anzi rafforzarli e magari riuscire a trasmetterli ai figli.
Questi pensieri occupano la mia mente alla soglia dei 50 anni, alla vigilia delle celebrazioni dell’Ottantesimo della Sezione che caratterizzeranno questo 2005, sapendo comunque che la vita potrebbe finire anche domani, come capita, purtroppo, a tanti giovani che invece meriterebbero di viverla tutta.

La mia speranza, come immagino sia anche la speranza di tutti, è di arrivare all’età di Angelo Antoniazzi, in salute e in serena lucidità.
Fino ad un paio d’anni fa, io non sapevo ancora di essere un Alpino. Sapevo di aver fatto la naja in Friuli e in Alto Adige con il cappello in testa, ma anche dopo una decina d’anni di iscrizione passiva all’ANA non avevo capito bene cosa volesse dire essere e sentirsi Alpino. Ci ha pensato un amico, senza peraltro dire nulla, a spiegarmi bene cos’era l’alpinità.
Non un senso di appartenenza generico o la sola voglia di condividere l’allegria delle tante serate in compagnia, né il ricordo nostalgico dei vent’anni, ma un sentimento profondo di lealtà e senso del dovere verso le Istituzioni, di solidarietà e rispetto verso tutti, di pace con se stessi e con gli altri.
Ma cosa c’è di più bello di sentirsi in pace con chi ci sta vicino e con la propria coscienza, e non solo da vecchi?
lo ho in mente gli occhi sereni di Angelo Antoniazzi.
Nella società in cui viviamo, sembra che a persona onesta, quella che non aggira le leggi e paga regolarmente le tasse, che ha un rispetto assoluto delle Istituzioni e si rivolge agli altri senza pregiudizio alcuno, debba necessariamente essere considerata “poco furba”.
Io sono profondamente convinto che i “poco furbi”, le persone per bene, sicuramente invecchieranno nella pace interiore, invecchieranno da Alpini.

Antonio Menegon