ADUNATA DI PARMA


Novembre 2005

CRONACA DI UNA SFILATA MAI FATTA

Ovvero come ha vissuto l’Adunata di Parma un Alpino che a Parma non c’era

Sabato 14 maggio 2005. Dovevamo partire, io e Gianfiore, in camper. Un conveniente mi ha tenuto a casa. Niente Parma, niente adunata quest'anno. Così oggi mi perdo la messa in Duomo in ricordo di tutti gli alpini che non ci sono più (per me questo è uno dei momenti più alti dell’adunata), mi perdo la funzione religiosa in in ricordo di Bepi Vazzola che senz’altro gli amici avranno organizzato, mi perdo il coro ANA di Vittorio Veneto in in cui debutta stasera il mo amico Giovanni
E poi mi perdo il viaggio. C’è sempre un po’ di poesia nel viaggio degli alpini verso la città dell’adunata, questo fiume chiassoso che muove i primi rivoli a metà della settimana e si ingrossa sempre più fino a paralizzare tutto.
Sono le 18 e accendo la radio per sentire da Onda Verde che ci sono delle difficoltà all’uscita per Parma. Niente, nessuna difficoltà, a meno che anche Onda Verde si sia dimenticata degli alpini. O forse sono già tutti arrivati.
Ora si è messo a piovere, una pioggia il cui unico effetto sembra quello di dilatare la mia tristezza. A Parma pioggia o non pioggia sarebbe stato lo stesso (avete mai visto un alpino con l’ombrello?).
Per sapere che atmosfera c’è a Parma mi metto in internet.
Entro in un forum sull’adunata dove uno scrive: Ma per favore..., tutte palle per far fare baracca ai montanari in città. Noi che ci stiamo non possiamo manco parcheggiare senza fare un mutuo in banca da nessuna parte (senza contare l’ottima chiusura del lungoparma che rende la viabilità di questa città impossibile), e questi si sono accampati stile campo nomadi ovunque con il loro ciarpame. La viabilità è tutta chiusa per farli sfilare, io non posso uscire di casa. Ma a me cosa me ne frega di loro? Non solo, continuano a rompere alla mia ragazza per strada...
Ed un altro si lamenta: Più che una adunata pacifica mi sembra il ritrovo di Pontida. Povera Italia. A me gli alpini fanno pena, pur di bere un bicchiere di grappa venderebbero l'Italia al primo stupido di passaggio. Ho conosciuto decine di alpini in questi giorni e in molti, non tuttl, sono dei poveri leghisti con una testa chiusa tra quattro valli. Ciao a tutti.
Un alpino risponde: A quelli si lamentano dell’adunata gli consiglierei di andare a vivere in Congo Belga. LI NON VI ROMPE LE P...E NESSUNO !!! Dovete solo imparare da noi montanari. W GLI ALPINI !!
Mi sforzo di trovare il nesso con il Congo Belga... ma intanto mi viene in mente che spesso noi alpini dimentichiamo che c’è chi gli alpini non gli stanno tanto simpatici. Ci dimentichiamo, per esempio, che quella che per noi è l’adunata in un certo sentire comune non alpino è un raduno di ubriaconi.
Chiude il breve forum una che si firma “Gina parmense doc 60”: Per sfuggire all’invasione annunciata avevo deciso di andarmene dalla città per tre giorni. Poi ho scoperto la magia di fare festa assieme a queste persone straordinarie che sono alpini.
Meno male...
La sera cominciano le telefonate: Aldo mi chiede quando arrivo, pensa che sia a qualche chilometro da Parma, ci stavano aspettando, avevano tenuto il posto per il nostro camper.
Tenere un posto occupato per un camper in centro a Parma so cosa significa. Sono sicuro, inoltre, che Aldo ha portato le bottiglie di greccio che sa che per me è il bianco più sublime prodotto dalle nostre colline... Ed io che gli dico che devo stermene a casa... Bella figura. Mi costerà minimo una cena tutto questo.
Domenica mattina alle sette sono già davanti all’edicola per sapere dai giornali com’è a Parma. Ed intanto noto che la Pontebbana è stranamente deserta. Sono tutti a Parma?

Sulla Tribuna nemmeno una riga sull’adunata, sul Gazzettino un bell’articolo dell’amico Lugaresi dove, guarda caso, si parla anche di Aldo e del suo impegno per Rossosch. La cosa si spiega col fatto che a Parma entrambi frequentano l’osteria “la vecchia” gestita da Lino & C.
Prevista per le 9.45 la diretta da Parma parte alle 9.40 su Rai 3.
Conduce la giornalista Lisa Bellocchi, al suo fianco Manuel Principi, uno degli speaker dell’adunata. Sta sfilando Latina accompagnata, manco a dirlo, da un marziale 33. Principi spiega lo slogan di questa Adunata Ma ci sarà sempre un alpino”.

Mediante contributi preregistrati, vengono illustrate alcune iniziative dell’Associazione. Molto spazio viene dato al nostro ospedale da campo, ora operativo in Sri Lanka a sostegno delle popolazioni colpite dallo tsunami. È uno dei tanto fiori all’occhiello dell’Associazione, si parla dell’attività, dei turni, delle squadre dei medici, pronti a partire in caso di emergenza con un’altra struttura allestita presso l’aeroporto di Orlo al Serio.
Si succedono in diretta i collegamenti ai piedi della tribuna ed il sindaco di Parma elogia ciò che hanno fatto gli alpini nei giorni precedenti all’adunata. Secondo tradizione, le penne nere hanno voluto lasciare il segno del loro passaggio. Lo hanno fatto con un intervento di pulizia e bonifica del parco della Cittadella (“gli alpini hanno l’ambiente nel dna”) e mettendo in atto numerose iniziative di solidarietà a favore di istituti parmensi.

“Gli alpini pensano con le mani” dice il vescovo “alpino” di Parma, che parla dell’alpinità come di una malattia contagiosa. Il presule ha vestito il grigioverde da giovane, ma non è certo alpino il giornalista che lo intervista che lo definisce ex-alpino. Si sa che gli ex-alpini non esistono.
Interessanti i due servizi sugli alpini più vecchi d’Italia. Il primo vive a Montafia, un piccolo comune dell’astigiano ed i 107 anni non li dimostra affatto. Due anni fa ha sistemato i 22 metri di ringhiera in ferro battuto di casa. Ha un aspetto serafico, sorride sempre. E’ cavaliere di Vittorio Veneto essendosi fatto l’Isonzo ed il Montenero nella Grande Guerra. Ma ad impressionarmi è il secondo. Questo è di Montecchio Precalcino (Vicenza) e di anni ne ha appena... 103, ma spacca la legna con la mannaia, semina le patate nel suo orto, gira con il trattore tra i filari, ama il buon vino e si prepara i pranzi in assoluta autonomia. Quando gli chiedono il segreto della sua longevità la ricetta è disarmante: “mangiare, bere e stare contenti”.
E mentre si parla della longevità degli alpini il mio ricordo va all’amico Giuseppe Vazzola che oggi per la prima volta non è presente all’adunata. Se n’è andato a 36 anni e ieri sera è stato ricordato dai suoi amici in una chiesa di Parma gremitissima di fedeli. Alcune coreografie le possono inventare solo gli alpini: un cuscino di fiori dove il fratello ha messo il cappello di Giuseppe, la celebrazione animata dai canti di un improvvisato coro di alpini. Alla fine uno struggente “Signore delle Cime”, tante lacrime e nessuno che usciva dalla chiesa.

Nella diretta televisiva viene ricordato l’indimenticabile Beppino Prisco. Oggi con la Sezione Abruzzi aria il figlio che indossa il cappello del padre.
Sfila intanto l’Alto Adige, una esercito interminabile, preceduto dal monito “senza alpini la montagna rana”.
Il consigliere nazionale Lavizzari ricorda il libro della solidarietà (la quarta edizione è stata presentata un mese fa a Conegliano) mentre il sottofondo e quello incessante del 33. La sfilata si interrompe all’arrivo del Ministro della Difesa, mentre rombano le frecce tricolori a portare anche nel cielo i tre colori di cui è tappezzata tutta la città.
Mentre le immagini indugiano su una infinità di penne nere, viene ricordato Giovanni Paolo II, alpino ad honorem, avendo lui espressamente chiesto un cappello alpino nell’adunata romana.
La trasmissione si chiude su Asiago con l’impegno degli alpini dell’Altopiano nei preparativi della prossima adunata. Ad Asiago ci sarò, partirò tre giorni prima per non perdermi nulla....
Il pomeriggio è lungo. Il tempo è incerto, il sole va e viene, fuori una calma impressionante. Che siano tutti a Parma?
Quello che mi pare silenzio è in realtà una strana mescolanza di suoni. Prima parte un allarme dal suono nitido che si ripete ad intervelli regolari; gli si sovrappone il sibilo inquietante di un’ambulanza che si perde lontano; in autostrada, il rombo di una moto lanciata a pazza velocità copre improvvisamente la cupa colonna sonora delle macchine, cui ormai l’orecchio è diventato insensibile; da tanto ormai un cane abbaia, ora rabbioso, ora sconsolato. Poi ci sono due tortore, due belle tortore dal volo leggero, quelle che la tradizione vuole con il rametto d’ulivo nel becco. Non si separano mai e da tempo sono ospiti fisse del mio giardino. Ma il loro verso non ha nulla da spartire con le eleganti geometrie descritte dal loro volo. li ritornello è sempre lo stesso, lugubre e sgraziato, e quando all’attacco di una risponde la compagna il duetto diventa una penosa stonatura.
Ignoro da quale casa provenga l’allarme ossessionante, né di chi sia il cane, né dove sia diretta l’ambulanza. Mi è ignota anche la destinazione delle due tortorelle che ora si sono librate leggiadre per raggiungere la punta d’un cedro, o un’antenna tv.
Ma torneranno, fra poco, a rifare il loro verso straziante. Per ingannare il tempo inforco la bici e scendo nella Pontebbana. Qualche moto, poche macchine. Non c’è nessuno. Sono tutti a Parma.

Gianfranco Dal Mas


Festa, ma anche Cultura nella Parma degli Alpini (Galleria Nazionale)


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