COL DI LANA


Ottobre 2004
Sul Col di Lana tra indelebili ricordi e non solo…

Una giornata sul teatro di tante battaglie all’insegna della fraternità alpina e del ricordo del grande sacrificio di tanti soldati italiani e austriaci. Un racconto breve, alternando dialetto e lingua.

Sveiarse presto e ancora insonadi inviarse coi amighi in su, verso montagna. Ancò aven 'n inpegno che l'è deventà 'n dover: da tanti ani risponden a quel richiamo, sicuri che questo 'l sia 'l modo giust par renderghe onor ai soldadi morti.
Percorrendo la valle del Cordevole cresce l'attesa per il momento nel quale il Col di Lana ci apparirà in tutto il suo inconfondibile, caratteristico profilo. Da quel momento cominceremo a "vivere" questa giornata che si preannuncia foriera di emozioni ed esperienze positive.
Sistemà la machina in te l posto destinà a parchegio se ciapa 'l troi che porta al Panetòn. Meio partir co calma par no farse vègner al fià longo , visto che par rivàr a la ceseta ghe ne da sobarcarse quasi mie metri de dislivel.
Nell'approccio con l'erta finale si ha l'impressione che la pendenza possa aver assunto una angolazione superiore a quella che ricordavamo ma la logica ci suggerisce che è solo una questione anagrafica.
Co tu riva su, tut sudà e strasegnà, tu te cata davanti un co na fiasca de graspa e un bicerin. No ghe nè santi che 'l te moe fin che no 'l te ha fat bever un sgnapin. Saven che l'Alpin l'è forte ma in te sti casi la forzha l'e misiada co a deboezha e in ogni caso sen dell'idea che na graspeta sul Col de Lana no la ghe ha mai fat mal a nessun.
Dovunque giriamo lo sguardo riconosciamo scorci, località, postazioni teatro di eventi tragici accaduti nel corso del primo conflitto. Per citarne solo alcuni: le mitiche Tofane, l'inviolabile Cengia Martini, il Gruviera Lagazuoi, il martoriato Dente del Sief, la gelida veste bianca della Marmolada.
Na roba curiosa che ven vist co se vegnèa de riva in su: un boschèt de arnèr (ontano) fat de alberi nani che, come i bonsai, pi de tant no i vien alti. Forse 'l fenomeno l'e dovest al misero strato de tera che coverde le crode de origine vulcanica.
Le montagne che fanno da cornice al Col di Lana sono state quasi tutte oggetto di ripetute "attenzioni" da parte di obici e mortai (italiani e austriaci), tanto da modificarne irreparabilmente rilievi e profili. Un'aberrante procedura che ha scolpito amare pagine di storia.
Vien i grìsui a star sul bordo dea busa che se a' formà co l'è sciopà la mina e no ocore tanta fantasia par imaginar l'inferno de quea specie de eruzion capitada in te na not del sèdese (17-4) .
Assistendo al rito celebrato da don Gianpaolo Manenti abbiamo netta la sensazione che dietro a noi partecipi alla cerimonia il tenente Caetani, grande esperto di  mine, in compagnia dei mille e mille ragazzi che su queste asperità hanno definitivamente chiuso il loro brevissimo capitolo.
Bravi i Alpini de Pieve (de Livinallongo) a portar su in ponta na caliera, na gardèa e tut quel che ocore par far al pastìn. La fadiga pi granda però, no serve dir lo, la e stata fata par evitar che i Alpini i patisse 'l sut.
Spontaneamente, a una certa ora, si formano dei piccoli cori che più che una esternazione di gioia sembrano esprimere un'accorata, struggente preghiera.
Le ore che sen restadi su sta montagna no parèa che le fosse da sessanta minuti, le e passade in te 'n lampo. Vol  dir che se stea ben insieme a tuti quei che i ha vù pa sta dornada la nostra stessa idea.
Col benestare di Toni Cais, Mario Bressan e Remigio Villanova decidiamo che è tempo di perdere quota, diamo un'ultima occhiata al Sassongher, chiniamo il capo davanti al Cippo austriaco e portiamo a valle due carichi: nello zaino i vuoti, sotto i capelli tanti, indelebili ricordi.

Col di Lana

Sentieri profumati
dall’erba d’alta montagna,
impreziositi qua e là
da ciuffi di stelle alpine,
genziane e altri fiori
più umili
ma non meno belli.

Cime vertiginose
ancora innevate
che i raggi di sole
fanno brillare
e rendono maestose
le immagini colte
dai nostri occhi.

E’ il Col di Lana,
meraviglioso avamposto
del Paradiso,
memoria indelebile
d’amene giornate,
in cui prematuramente
e dolorosamente,
la vita è stata carpita
a giovani genti di montagna
tra loro nemiche
in quei momenti,
ma sempre accomunate
dall’amore per la natura.

Braccia forti
a noi protese
c’accolgono alla meta,
un bicchierino
ci dà un benvenuto
sincero ed alpino,
parole brevi senza retorica
perché non sia cancellato
l’umano sacrificio.

Infine angeliche voci
Intonano “Signore delle Cime”,
qualche lacrima
ci riga il volto,
ma è in questo momento
che sorge un forte
sentimento
che ci fa assaporare
e apprezzare
la Grandezza di Dio
mai così vicina.

Renzo Sossai
1 Agosto 2004


Angeliche voci sul Col di Lana