IL “CONEGLIANO” A KABUL


Giugno 2003

Il 3° A.MON. ha assunto il comando della Task Force ITALFOR V

L'incontro del Gruppo "Conegliano" con la Sezione A.N.A. alla vigilia della partenza Il rientro in Patria festeggiato a Conegliano il 1° novembre 2003 (la cronaca)

Siamo felici ed onorati di pubblicare nel nostro periodico "Fiamme Verdi" le notizie giunteci via e-mail. Siamo Grati ad Andrea e a tutti gli Artiglieri: a loro gridiamo "Forza Ragazzi, in bocca al lupo". Arrivederci


La Bandiera donata dalla sezione di Conegliano con il patrocinio della Città di Conegliano

Vengono resi gli onori alla Bandiera di Guerra del 3° Rgt. a. mon. 
presso la Caserma "Calò" sita in Kabul.

Kabul 28/05/03

Salve a tutti. E' trascorso quasi un mese da quando il 3° Reggimento Artiglieria da Montagna si è quasi completamente rischierato in Afghanistan. In questo lasso di tempo tante sono state le attività che hanno impegnato tutti, dal Comandante al più giovane dei nostri caporali. Attività in cui ancora per l'ennesima volta, ma non c'erano dubbi al riguardo, gli alpini (ma per orgoglio vorrei scrivere gli artiglieri da montagna) hanno primeggiato nel sentimento di solidarietà.
Non è un periodo facile quello che stiamo affrontando. Le notizie che vi giungono tramite i media sono per noi motivo di massimo impegno e massima concentrazione. I boce e i veci di tutta Italia impegnati qui in Afghanistan sono coscienti del loro contributo internazionale alla lotta contro il terrorismo. Lo fanno nel migliore dei modi...con gentilezza, simpatia e alpinità.
La popolazione di Kabul ha accolto gli Artiglieri del Terzo nel migliori dei modi. All'interno della Base lavorano afgani mutilati dalle mine. Ho avuto modo personalmente di parlare con loro (in italiano!). Sono contenti che siano ritornati gli alpini. Un afgano in particolare mi ha profondamente colpito nell'animo. Si chiama Isak e ha 38 anni anche se ne dimostra molti di più. Circa 6 anni fa per mantenere i suoi figli raccoglieva il ferro in una zona denominata "il cimitero dei carri". Ha perso la gamba destra su una mina antiuomo di produzione italiana. Ora fa le pulizie presso il nostro Comando per mantenere l'unico figlio rimastogli. Ne aveva tre...due sono morti durante i bombardamenti del dopo 11 settembre. Ogni giorno mi ripete quasi la stessa frase: "Sono contento...tornati alpini...tanto lavoro con alpini...ma anche festa il sabato con alpini."
Vi allego a questa e-mail alcune foto di due momenti molto significativi. La cerimonia del 12/05/03 in cui il Cte del Terzo assume ufficialmente l'incarico di Cte della Task Force ITALFOR V e la cerimonia dell'Alza Bandiera, della vostra Bandiera.
Per quanto riguarda le bandierine, per una questione di sicurezza, non sono ancora state distribuite. Si cerca costantemente di evitare attività che comportino ammassamenti in quanto di maggior oneroso controllo.
Non mi resta che salutarvi tutti promettendo di mandarvi possibilmente costantemente nuovo materiale fotografico per mantenervi informati più di quanto possano i media. Perchè come dice Isak... si lavora tanto, ma da buone tradizioni alpine, troviamo il modo e il tempo anche per divertirci in compagnia.
Ten. a.(mon) Andrea Barzotto

Il Comandante del 3° Rgt. a. mon. rischierato a Kabul si onora della presenza
presso il suo ufficio della Bandiera di Guerra.

Quel che rimane di un carro italiano, meglio conosciuto come scatola di sardine,
venduto nel dopo guerra all'Afghanistan. Il progetto è di restaurarlo e di portarlo alla Cantore.

Isak: un buon Alpino d'Afghanistan!

Il Ten.Col. Caso, Comandante del Gruppo "Conegliano", nonostante sia passata una settimana non si
è ancora capacitato della realtà, e cioè che il Milan abbia conquistato la Coppa dei Campioni.!

Cimitero di carri abbandonati dai russi

Cimitero di carri abbandonati dai russi

Cimitero di carri abbandonati dai russi

Il ten. Col. CRESCI dell'Aeronautica Militare. Un futuro socio onorario?

Ora siamo anche nei cuori dei bimbi afghani!

La popolazione viene aiutata anche vaccinando il bestiame.

Attività CIMIC presso Scuola elementare a Kabul
Insieme alla bandierine sono stati distribuiti quaderni, matite colorate e penne
acquistati in loco con i fondi del c/cb "A favore del popolo Afgano"
Questi bambini saranno il futuro della pace

Angolo bouvet nella sala ricreativa

PENNE NERE IN AFGHANISTAN
PATTUGLIA A KABUL
di ANDREA ROMOLI *

L’Afghanistan è stato riconosciuto come il teatro operativo a maggiore rischio dal punto di vista della sicurezza, ma alla base Italfor di Kabul gli artiglieri da montagna di Tolmezzo continuano la loro missione, come ogni giorno.
Le pattuglie motorizzare sorvegliano al città, gli uomini del genio ricostruiscono strade distrutte dai quasi 20 anni di guerra, la cooperazione civile-militare esce tra la gente a distribuire cibo e medicine. Dentro la base, invece, si cucinano centinaia di pasti per i militari italiani e alleati che condividono le strutture dell’accantonamento e ogni mattina si sforna un buonissimo pane fresco.

Tutto come ogni giorno, ma ogni giorno è diverso.
Diverso perché fra i soldati del contingente Isaf nessuno prende sotto gamba i rapporti dell’intelligence rilanciati con puntualità dal governo italiano. C’è chi vuole fermare ad ogni costo la democratizzazione del paese e nei giorni scorsi sui giornali di Kabul una lettera a firma del mullah Omar, il famigerato capo delle milizie talebane  mai catturato dalla coalizione internazionale, ha rilanciato le sue farneticanti minacce agli stranieri: entro il 30 giugno lasciate l’Afghanistan o sarà peggio per voi.
Gli artiglieri di To1mezzo e tutti i soldati della missione Isaf non si fanno impressionare, stringono i denti,  mettono ancora più attenzione in ciò che fanno, ma non si lasciano costringere nei loro sicuri e sorvegliati acquartieramenti dalle minacce di pochi sanguinari terroristi. Sanno benissimo che la gente di Kabul ha bisogno di vederli, di sentire la loro presenza normalizzante, di comprendere, anche vedendo le uniformi dei soldati occidentali per le vie delle città. che un altro futuro è a portata di mano, senza più morte. terrore, violenza e prevaricazione.
E così escono ogni giorno, anche se sanno che oltre i cancelli della base sono più vulnerabili agli attacchi dei terroristi.
La gente in tutte le parti del mondo chiede le stesse semplici cose, qualcosa nel piatto da mangiare tutte le sere, la possibilità di crescere bene i propri figli e di regalargli un domani di dignitosa speranza. In questa città si percepisce quasi fisicamente il bisogno di ritornare a una normalità quotidiana fatta di lavoro e di quelle piccole cose che riempiono la vita di un uomo. I soldati occidentali sono qui a garantire questo alla gente di Kabul e pagano ogni giorno un prezzo molto alto in sofferenza e fatica, a volte anche di sangue, in questa battaglia che, comunque, va combattuta fino in fondo per non vanificare ogni sforzo finora compiuto.
E gli italiani, come al solito, sono i più amati. E’ difficile spiegare come questo miracolo succeda, ma, dovunque arrivino, i soldati in tricolore diventano presto una presenza normalizzante, quasi da sempre abbiano fatto parte del mondo in cui si trovano a operare.
Difficile sentirli come un corpo estraneo, se non appena mettono piede in un luogo pubblico; sono immediatamente circondati da centinaia di bambini che cerano di parlare con loro, di strappare (senza grosse difficoltà, invero) un sorriso o un pezzo di cioccolata.
Non è la solita retorica degli “Italiani brava gente”, perché fino ad oggi in Afghanistan è stato molto più facile fare la faccia feroce, chiudersi dietro le ridotte fortificate con i mitra spianati che cercare caparbiamente un dialogo con la popolazione, ma questa è l’unica strada per normalizzare un paese abituato negli ultimi decenni ad affrontare i problemi solo sparando. Questa la vita italiana alla gestione delle missioni di pace, l’unica che in questi ultimi anni ha dimostrato di poter funzionare e che ha fatto del nostro paese il leader indiscusso in questo tipo di operazioni con quasi 13 mila uomini costantemente impegnati nei teatri di tutto il mondo. In questi giorni, però gli artiglieri da montagna a Kabul devono affrontare un nuovo insidioso nemico. In un paese desertificato dalla guerra e dai disboscamenti selvaggi, l’arrivo del caldo e della siccità porta ogni anno violentissime tempeste di polvere e sabbia. Fa impressione vedere il cielo oscurarsi d’improvviso, il vento alzarsi e diventare tempesta e sul campo scendere il buio anche a mezzogiorno,
I mezzi s’incrostano di sabbia e non c’è infisso al mondo che possa impedire a quella polvere sottile come cipria di infilarsi in tutte le camere ricoprendo ogni cosa, E in tutta la città in cui le fogne scorrono libere a cielo aperto la polvere è qualcosa di più di uno sgradevole fastidio da cui bisogna difendersi a ogni costo.
E allora come spettri nella nebbia le penne nere, i visi coperti dai grandi “shemagh” (sciarpe multicolore tipiche di queste terre), escono in pattuglia, montano di guardia, riparano i mezzi, preparano i pasti, perché  polvere o non polvere il lavoro va fatto.
Ogni giorno.

Andrea Romoli
(*giornalista goriziano, ufficiale della riserva, che sta prestando servizio in Afghanistan)