CARLO GNOCCHI: UN SANTO ALPINO


Giugno 2003

Riportiamo, dal periodico “5 VALLI” della Sezione A.N.A: di Luino, un articolo molto bello riguardante la splendida figura di don Carlo Gnocchi, già cappellano degli alpini “Padre di mutilatini di guerra”.

Scrive «A.B.»: Marina, mia nipote, e un’eclettica allieva della terza media. Un giorno di questa primavera, Martina, col suo fare curioso e suadente, mi chiese una quantità di notizie sulla figura di don Carlo Gnocchi e di conseguenza sugli alpini. Pensavo di aver appagato la sua giovanile curiosità quando, dopo due settimane, arrivò con in mano un foglio e, raggiante mi disse: “questo e il tema che ho svolto grazie alle tue informazioni”.

Cammina... cammina... cammina. Ecco il pensiero che perseguitava i poveri soldati. Come un’ossessione, che martellava le loro menti, per un solo obiettivo: tornare a casa sani e salvi. Ma purtroppo il ritorno era solo un sogno che per pochi si avverò.

E questo don Carlo Gnocchi (nato a San Colombano al Lambro, 1902) lo sapeva. Così egli decise di seguire l’esercito di vittime innocenti: i giovani Alpini. La gente sconsigliava al sacerdote di andare con i soldati in guerra, poiché vi avrebbe trovato solo odio, violenza e distruzione. Ma don Gnocchi partì nel gennaio del 1943, con la “Tridentina” verso l’inverno {o inferno, è lo stesso) russo; e là con infinito coraggio, assisteva le giovani vite morenti, sofferenti e disperate, per offrire loro le ultime parole di conforto e la benedizione di Dio. Don Carlo portava con se uno zaino dove raccoglieva lettere, messaggi e ricordi delle persone defunte.

Anche il cappellano, come i militari, dovette affrontare il gelo, la paura, la fame e la... morte. Infatti, in Russia, ciò che gli salvò la vita fu un cucchiaio di zucchero; quando il soldato Tobia si accorse che il sacerdote non c’era più, tornò indietro trovandolo quasi sepolto dalla neve, congelato e privo di sensi e lo rifocillò con questo prezioso nutrimento. Credo proprio che il grande affetto che don Gnocchi nutriva per gli Alpini, fu ricambiato egregiamente dai soldati che, pur stremati dal gelo e dalla neve, non lo abbandonarono.

Precedentemente egli seguì l’esercito anche in Grecia e in Croazia. Anche lì riuscì ad alleviare le sofferenze di tanti soldati.
Dal 194545 in poi (al termine del conflitto) iniziò la sua opera di “Padre dei mutilatini e degli invalidi di guerra”.
Le città, come le stesse famiglie, erano state distrutte, e molti bambini si trovarono soli, abbandonati, feriti e mutilati. Don Carlo ne accolse inizialmente una trentina, ma poi dovette cercare una nuova sede a Cassano Magnago, più grande e confortevole, al fine di accogliere i piccoli ospiti che erano ormai più di cento. Nonostante il notevole numero, il sacerdote riusciva a seguire tutti i ragazzi.
In una testimonianza, un uomo narra che quando aveva sei anni, una bomba gli lacerò gli arti superiori. Così venne accolto da don Gnocchi che era sempre vicino al piccolo mutilato. Lo aiutava, lo ascoltava e gli dava tanto affetto. Quando Guido, il mutilatino, si lamentava del forte dolore per le cure mediche don Carlo gli consigliava di offrire le sofferenze a Dio; ciò confortava il piccolo, che oggi divenuto adulto si è sposato e ha una vita piena e felice grazie a quel grande Uomo.
Quest’ultimo, intorno agli anni ‘50, ricevette tanti aiuti finanziari da ricchi e poveri che offrivano il loro contributo per i “mutilatini” e per i poliomielitici. Così il prete riuscì nell’arco di pochi anni a costruire ben undici istituti con cliniche, scuole, cure specializzate e spazi per gli invalidi.
Ho molta stima di don Gnocchi e ammiro il suo coraggio infinito. Egli fu, e continua ad esserlo, un uomo dall’immensa espressione umana e dalla fortissima personalità. Un uomo. Un sacerdote. Un padre. Un aiuto. Un porto sicuro per mutilati e invalidi di guerra. Un eroe.
Morì il 28 febbraio 1956, quando terminò il suo cammino... cammino... cammino..


Brava Martina, brava per come ti sei espressa, per come hai saputo interpretare la stupenda figura di don Carlo Gnocchi, brava per come hai centrato un argomento non facile nemmeno per i grandi, pur con qualche inesattezza dovuta alla tua giovanissima età.

Sì, don Carlo è stato un grande sacerdote, un bravo Alpino, un Uomo che ha saputo donare se stesso a quei bambini, certo molto sfortunati, ai quali la guerra ha lasciato non uno, ma due segni indelebili: la mutilazione con tutte le sofferenze, ma anche l'amore di un Uomo che speriamo presto di vedere elevato alla dignità dell’altare