LETTERE AL DIRETTORE


Maggio 2000

Spettabile Redazione,
mi permetto attraverso Voi di ringraziare tutti gli Alpini della Brigata Alpina Julia, quelli che c’erano, quelli che ci sono, e quelli che speriamo ci saranno in futuro.
Sono stata figlia, nuora, moglie ed ora sono madre di due alpini di cui uno attualmente in forza a Tolmezzo.
Come sappiamo, il giorno 24 ottobre 1999 ad Udine, città prettamente alpina, migliaia e migliaia di persone si sono riunite per festeggiare “alla grande” il 50° anniversario della Brigata Alpina Julia.
Io c’ero per assistere al giuramento di mio figlio Fabio, ma non avrei mai immaginato di trascorrere quattro ore così belle, serene, sincere e vive.
L’organizzazione a dir perfetta è dir poco; la cerimonia commovente. E quando in lontananza il rullare dei tamburi ha aperto la “parata”, e i nostri ragazzi in divisa da Alpino sono apparsi: tanti, allineati, perfetti e sani, noi tutti genitori e spettatori abbiamo avuto un sussulto di orgoglio e commozione.
Eravamo e siamo fieri di loro, della nostra amata Patria e delle nostre Truppe. Perfino il tempo li ha premiati! Regalando loro una mattinata di sole nel mezzo di giorni e giorni di pioggia.
Spettabile Redazione, dopo quanto ho visto ad Udine, mi sono resa conto che quando i nostri Alpini vanno in giro per il mondo ad AIUTARE chi ha bisogno, lo fanno davvero! La loro macchina organizzativa quando si mette in moto lo fa con ottimi risultati.
Ai nostri figli, attualmente di leva, umilmente consiglio di fare tesoro di questa esperienza. Non è tempo perso come sembra, e che voi sentite dire oggigiorno, ma è una semina che senz’altro darà frutti positivi nel tempo.
Infine vorrei ringraziare lo Staff Superiore che guida la mitica Julia. Generali, colonnelli, ufficiali, caporali ecc. hanno la responsabilità di gestire per dieci mesi centinaia e centinaia di giovani, figli di una società inquieta ed aggressiva, se vogliamo, diversi da quelli di 30, 40 anni fa, e a mio parere lo fanno con grande senso di responsabilità e bontà.
Per finire dico che quando la Julia chiama, tutti rispondono; infatti alla sfilata c’erano rappresentanze ufficiali delle Sezioni e dei Gruppi provenienti da tutta Italia: grazie anche a loro. Grazie al bravo speaker tenente Alpino avv. Nicola Stefani della Sezione di Conegliano, il quale dalla tribuna d’onore spiegava le varie fasi della cerimonia, al sindaco di Udine ed alle autorità presenti che hanno voluto onorare la Brigata Julia.
Desidero ricordare anche i cuochi che hanno preparato così bene da mangiare per tutti, gli inservienti. Insomma ancora grazie a tutti quelli che hanno collaborato alla buona riuscita delle stupenda manifestazione.
In quanto a me: quel giorno non lo dimenticherò mai più.
Cordiali saluti a tutti. VIVA GLI ALPINI

Maria Angela Bernardi
Farra di Soligo

Che dire, gentile signora Bernardi, ad una che è stata figlia nuora e moglie di Alpini ed ora ha due figli nelle truppe alpine? Complimenti! Oltretutto non è cosa da poco, con gli anni che corrono, vedere due dei propri figli con penna e cappello. 
Ci fa piacere sapere che una come Lei, con la casa piena di Penne Nere, riesca ancora a commuoversi ad una cerimonia alpina.
Detto che noi La consideriamo “alpina” a tutti gli effetti, ci permetta di pensare allora che gli Alpini non finiscono mai di stupire…

R.B


Egregio e caro amico Brunello,
La ringrazio vivamente per il cortese invio del periodico Fiamme Verdi: periodico da Lei condotto in forma splendida.
Il piacere che provo nel leggere il suddetto periodico deriva dal fatto che io mi considero, se non del tutto, alpino.
Tenente di artiglieria nel 1941, venni assegnato per collegamento, durante le operazioni in Montenegro, al battaglione alpino Val Natison (il cui motto era “scorta Natison”) comandato dal famoso Colonnello Lupo. Successivamente ho sempre comandato, per lungo tempo, una batteria da 75/13 fino al 1943, data in cui fui trasferito all’Artiglieria contraerea.
Questo fatto, cioè l’appartenenza ad un reparto someggiato e simile per l’armamento e per i servizi ad una batteria di Artiglieria alpina, mi ha autorizzato a portare sul cappello la penna nera; penna che oggi, col decorso del tempo è diventata bianca.
Il filosofo Bobbio ha detto che l’anziano vive molto di ricordi. Ciò è vero: e tra i più bei ricordi c’è quello di aver portato anch’io la penna nera ed altresì di aver operato con gli alpini.
Questo per esprimere ancora il mio piacere nel leggere il suo periodico perché, come ho detto prima, questi pallidi e pur tuttora vivi ricordi mi fanno ritenere di essere alpino anch’io.
Illazione, dirà Lei, ci vuol altro per essere alpino, ma mi creda è anche bello quando si è anziani cullarsi nelle illusioni oltre che nei ricordi.
Grazie ancora, caro Cavaliere, con i miei più cordiali saluti.

Avv. Comm. Giovanni Bianchi
San Pietro di Feletto


Pubblicità dissacrante

Mio Padre, che pure non ha conosciuto la rigidità degli inverni in montagna, né la vita di trincea, nel dicembre del ‘41 scriveva a mia madre: «... anche se non sono al fronte, la guerra non mi é lontana. Il rombo del cannone si sente sempre più spesso e io devo tenermi pronto ad alzarmi in volo e impugnare la mitragliatrice per il bene del nostro Paese che è grande quanto quello che provo per te. Ogni giorno potrei morire e quando saprai che il corpo è cenere, volgi lo sguardo indietro e pensa a me. Non scordami mai, me lo devi promettere davanti a Dio.» Contrappongo queste parole che ho conosciuto avanti negli anni ma che sono impresse a caratteri d’oro nel mio cuore, alle immagini di guerra che, con inaccettabile banalità una nota casa di aperitivi, da qualche tempo ci propina sui teleschermi. E mi offende e mi indigna la scarsa conoscenza storica e la meschina mancanza di sensibilità che propone una festa danzante in trincea, tra compiacimenti comparse vestite da militari e crocerossine. Le lettere che i nostri soldati hanno avuto la fortuna di inviare alle loro famiglie parlavano sempre e solo della speranza di tornare a casa, del freddo, della paura che impediva anche il sonno. Aggrappati alla vita pensavano alla morte. Io ritengo altamente diseducativo proporre la trincea come ingresso di una moderna discoteca quando davanti agli occhi di tutti, di questi tempi, passano immagini sconvolgenti di morti, di feriti, di lutti, di distruzioni. E ritengo anche offensivo alla memoria di migliaia di giovani che purtroppo abbiamo dimenticato, tranne quando fa comodo, e grazie ai quali oggi l’Italia gode di libertà, di benessere. I nostri politici che spesso affollano le trasmissioni televisive per denunciare le aggressioni, la pena di morte e quant’altro, che hanno elaborato una legge sulla privacy, che hanno nominato un garante per lo spettacolo e la TV, perchè accettano tanta mancanza di sensibilità verso chi non c’è più innanzitutto e verso coloro che portano ancora il segno ditali morti?

Gabriella Dal Moro (orfana di guerra)


Nel nuovo panorama europeo, nel quale i confini storici sono di fatto superati né costituiscono più un limite invalicabile e difendibile fino all’estremo sacrificio, e nel quale si sta attuando fra l’altro una forza militare che comprende vari Paesi, mi vien fatto di chiedermi se la pur suggestiva “Preghiera dell’Alpino”, pensata e scritta in tempi ormai lontani, in un clima politico del tutto e in tutto diverso dall’oggi, abbia ancora lo stesso valore e lo stesso suono di allora o se sia più consono cambiarne tono e parole. Questo pensiero mi è venuto il 7 giugno scorso a Casoni Solarie, ascoltando il discorso ufficiale dell’alpino Driussi che, a mio parere, era incentrato proprio sul nuovo concetto cui si ispira oggi la Comunità Europea, concetto che si è venuto sviluppando nel tempo e che oggi trova la sua consistenza. L’inizio della preghiera dice “su ogni balza delle Alpi ove la Provvidenza ci ha posto a baluardo fedele delle nostre contrade...”. Per quanto dicevo più sopra, oggi le Alpi non sono minacciate da nessuno; non solo, ma anche un ipotetico conflitto con i nostri vicini (fantapolitica) i mezzi moderni richiedono ben altro che uomini valorosi per respingere qualsiasi attacco! E muterei anche le parole “essere segni delle glorie dei nostri avi”. Nei secoli passati i “nostri avi” erano ben lontani dall’idea Italia, che tale si realizzò solo nella seconda metà del secolo scorso. Muterei queste parole con le seguenti “essere degni della nostra tradizione alpina che sempre ha dato in guerra e in pace, sempre ha compiuto appieno il dovere richiesto e che si prolunga oggi anche nell’A.N.A.”. “Rendici forti contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra bandiera, la nostra millenaria civiltà” (cristiana - c’era scritto un tempo). Ripeto: oggi nessuna minaccia all’orizzonte.
Il pericolo è interno, nella dissoluzione di quei valori sui quali si basa la vita civile e che sono messi in forse, quando sono trascurati da un imperante lassismo che estende le sue ramificazioni ovunque. Ed è contro questa cosiddetta “libertà” che noi Alpini dobbiamo combattere quotidianamente con il nostro operare in tutti i campi per l’umanità.
Non so se e quanto questa idea “balzana” sarà accolta o quanto meno presa in esame. una cosa è certa: dai nostri reparti (a proposito, non più Battaglioni e Gruppi”, ma Brigate - termine onnicomprensivo) escon giovani fatti uomini che hanno acquistato in pochi mesi di naja una certa mentalità e se la portano dietro e trovano nell’A.N.A. un buon terreno di coltura.
Perciò si potrebbe definire l’A.N.A. i] naturale proseguimento del servizio militare (oggi messo in forse dalla legge sull’obiezione di coscienza) e anche “um forza morale prestata alla politica ma d essa indipendente”.

Gualtiero Concini