I NOSTRI BIGLIETTI DA VISITA


Agosto 1997


Succede a volte che qualche alpino, magari senza accorgersene, ecceda nelle imprecazioni e, nella concitazione del dialogo, tiri inopinatamente e gratuitamente in ballo lo stesso Padreterno. Tale atteggiamento è forse conseguenza dell’indole alpina, schietta ed a volte rude, ed è determinato da quella particolare confidenza che l’alpino ha stabilito con lo stesso Padreterno, sicuro ed a volte unico conoscitore dell’instancabile e spesso oscuro impegno delle Penne Nere.
Sono quindi convinto che queste esternazioni non offuschino il senso di religiosità e di solidarietà che l’alpino possiede, non per tradizione, ma per cultura radicata e convinta.
A riprova di questa loro naturale religiosità sempre più spesso gli alpini si impegnano nel restauro di strutture sacre: antiche chiesette, tempietti abbandonati e lasciati al degrado.
Ne sono esemplare testimonianza gli innumerevoli interventi che hanno ridato a questi vetusti luoghi di culto, attestazione della fede popolare, l’antico e conveniente splendore. E come sempre tali opere sono state completate con la tipica semplicità e festosità alpina. Basti ricordare che, nel rispetto delle tradizioni della nostra terra, all’approssimarsi del completamento dei lavori è spesso comparsa sul tetto la famosa “frasca”, cui è seguito l’immancabile incontro conviviale.
Abbiamo voluto dedicare la copertina ad alcune opere recentemente realizzate da Gruppi della nostra Sezione. Si tratta di un piccolo segno di riconoscimento verso i soci che si sono impegnati con merito e abnegazione. Tali opere, oltre ad essere la nostra “carta d’identità”, il nostro segno di riconoscimento, costituiranno anche il doveroso ricordo di tutti gli amici alpini che ci hanno preceduto. E saranno testimonianza non solo della fede di noi alpini ma anche del forte attaccamento alla nostra terra ed al patrimonio religioso che abbiamo ereditato.
Scriveva nelle sue memorie il Santo Prete Alpino don Carlo Gnocchi: «A voler definire l’animo religioso dell’alpino, bisogna rifarsi al termine e al concetto di “pietas”, così comprensivo e così caro ai latini. La religione, per questa gente, non è mai un momento od un episodio; è uno stato, una forma, un modo di vita; sangue vivo e succo vitale. ...Né molto numerose e varie sono le idee religiose di questa gente. Dio, l’anima, la Provvidenza, e l’aldilà, con la sua chiara e acquietante giustizia per tutti. Ce n’è abbastanza per costruirvi saldamente tutta un’esistenza, come sui pochi pilastri di roccia gettati nel fiume rapido e insidioso della vita. Per questo la devozione e la preghiera dell’alpino è forte e dritta; un vivo incombente “senso” della Divinità”, un amore concreto e virile per Cristo e la Madonna e ben poco altro di più... Né questo fa pensare a una religione sentimentale; se mai vi fu virtù meno sentimentale, nel senso romantico della parola, questa è proprio la religione degli alpini: soda, contenuta, razionale, parca di gesti e di parole, costruita su solide basi dottrinali da quei pazienti ed umili educatori che sono i parroci di montagna.»
Il tempo, il progresso accelerato ed il benessere hanno allentato la pratica religiosa; ma non è così per la stragrande maggioranza degli alpini, anche giovani. E non è certo un caso che le nostre manifestazioni vengano sempre precedute da una cerimonia religiosa. E’ forse da questa fede e da questa particolare religiosità di cui parlava don Gnocchi che gli Alpini traggono il sostegno per le loro iniziative sociali, culturali ed umanitarie, in definitiva per il loro impegno civile.

RENATO BRUNELLO