PIETRO MASET: UN EROE ALPINO


Giugno 1995

E' una domenica d'Aprile intiepidita dal primo sole di primavera. Percorro lentamente la pedemontana che si snoda ondulata verso Roveredo. Ciclisti variopinti e mattinieri sono i padroni della carreggiata. Quella volta non era asfaltata e tu l'hai percorsa in condizioni molto diverse.
Guido distrattamente e penso a quello che può esserti passato per la mente quando la prima volta ti avviasti verso la montagna seguendo la tua scelta. Per certo sapevi che stavi mettendo in gioco la tua vita, ma sapevi anche che non potevi stare dalla parte dei tedeschi. Si, perché, tu Maso, li conoscevi i tedeschi; li avevi conosciuti bene in Albania e benissimo in Russia. Tu, figlio del sacrestano del paese, eri diventato maestro elementare e con giovanile irruenza avevi ascoltato la voce di chi ti aveva mostrato qualcosa in cui credere e per cui era doveroso impegnarsi,E ti impegnasti. L'esperienza della guerra ti aveva maturato; ti eri dimostrato valore Ufficiale Alpino, ma avevi capito quanto diversa era la realtà da quella che ti avevano fatto credere.
Ti eri accorto che migliaia e migliaia di giovani erano stati mandati a morire per vanagloria e presunzione. Non era bastata l’Albania, c’era voluta anche la Russia a far capire che l’improvvisazione e la disorganizzazione sono forieri di lacrime e lutti.
Forse hai pensato alle croci del cimitero sotto il Tomori dove erano sepolti tanti ragazzi con cui avevi diviso la sigaretta o la razione di vino. O forse hai rivisto quella teoria di sagome informi che segnava la pista gelata in Russia. Tu eri tornato integro nel fisico e con la consapevole lucidità che non avresti permesso che altri giovani, magari proprio i figli dei tuoi Alpini caduti, venissero illusi e abbagliati da falsi ideali. E scegliesti la via della montagna. Anche qui le tue doti ti elessero a capo stimato e amato. Oggi, Maso, non possiamo salire alla malga nei cui pressi ti uccisero. La neve in alto ostruisce ancora la strada. Ci fermiamo all'imbarco della valle dove c'è il monumento. Guardo in su verso la selletta dietro alla quale c'è la malga e penso a quella mattina d’Aprile. Proprio da qui passarono i tedeschi che vennero a rastrellare la tua zona. Era Aprile e la primavera emanava profumi di pace. Non facesti in tempo ad assaporarne gli aromi. Una pallottola ti colpì in fronte; forse l’ultimo sparo di quello scontro. Colpito in fronte, come gli eroi, come Cantore.
Il tuo compagno d'armi in Albania ed in Russia, raccoglie un mazzetto di fiori celesti e con molta semplicità li depone alla base del monumento. Sono i “non ti scordar di me” sussurra. Lo dice piano, quasi sottovoce. Ha i capelli bianchi e colorito rosa carico; cappello Alpino in testa portato con l'orgoglio di chi sa d'aver fatto il proprio dovere.
Mostra i gradi d'Aiutante di Battaglia. C'è tanta gente venuta a ricordare i cinquant'anni del tuo sacrificio. Una fiaccola parte dal monumento ed arriverà al paese dove sei nato e dove ora riposi . Il coro intona “Signore delle Cime” ed il vecchio Aiutante di Battaglia si gira fingendo di soffiarsi il naso.

Antonio Daminato