RADUNI TRIVENETI

CONEGLIANO 1972


Dicembre 1972

La nostra imponente adunata Triveneta di Conegliano


La nostra Sezione durante la sfilata alla quale hanno
partecipato migliaia di alpini.
(Foto Vinera - S. Giacomo di V.)


Piazza Cima. Parla il Col. Eben, reduce di Russia e già
comandante del 7° Alpini


Il Sindaco di Conegliano - Dott. Umberto Antonello - procede
al taglio del nastro inaugurale sulla soglia della nostra nuova
sede


Cerimonia delle Madrine, Il Gen. Gallarotti - Comandante delle
Truppe Carnia-Cadore - consegna ad una Madrina il
fazzoletto del Centenario

Sull’esito della nostra grande manifestazione durata due giorni dal 2 al 3 settembre, ci sarebbe da dire e molto. Noi la compendiamo in una sola frase: E’ riuscita come volevamo e come desideravamo.
A fare il nostro elogio e trascrivere il nostro entusiasmo è troppo facile, semplice e forse poco opportuno; è ovvio che essendo tutto fatto in famiglia risulterebbe bello. magnifico, completo, ecc, ed altri aggettivi del genere, ma noi siamo onesti e troviamo più leale riportare quanto è stato scritto dalla stampa fuori del nostro ambiente.
Ringraziamo pertanto vivamente «IL CONEGLIANESE» per l’articolo che rispecchia in pieno i nostri sentimenti, per la concessione di riportare il loro articolo sul nostro giornale e poi perchè... mi ha risparmiato il lavoro che dovevo fare io.

Da «IL CONEGLIANESE» - Ottobre 1972: ECHI DELL’ADUNATA DEGLI ALPINI.

La banda del comune, ferma da un’ora giù al Cavallino, si mosse improvvisamente, come sotto la direzione di un grande maestro d’orchestra e mentre le prime note della marcia militare penetravano l’aria umida di pioggia, la folla di cappelli alpini ondeggiò, mentre la testa del corteo imboccava via Garibaldi.
Comincia così la storia del punto culminante dell’adunata del centenario, voluta e promossa dall’A.N.A. di Conegliano, in collaborazione con gli altri gruppi e sezioni delle Tre Venezie.
Sono arrivati alla spicciolata la sera del due settembre, mentre il cielo andava coprendosi di nuvolaglie poco simpatiche. Verso il tramonto si sono susseguite le varie cerimonie ufficiali con i primi incontri tra maestri e alunni di quella antica scuola che è la montagna. Si sono ritrovati davanti alla lapide che ricorda la fondazione del 7° a Conegliano e si sono ritrovati, quando ormai la sera era inoltrata, a tagliare il nastro di quella sede che gli alpini hanno voluto e che da soli si sono costruiti. Lì nella frenesia della vigilia, nella simpatica confusione di una grande famiglia patriarcale che raduna, una volta tanto, i suoi rampolli sparsi per il mondo, si è levata al cielo la preghiera ed il canto del coro Castel. Nel variopinto bivacco di quella tettoia, nel cortile dal convento di San Francesco, una piccola folla, di giovani e anziani ascoltava le storie della naja e della guerra alpina. Veci e bocia, socchiudendo gli occhi rivivevano, forse rabbrividendo, le esperienze della Julia, la disperata campagna di Russia, Nikolajewka, il Don. Bastava chiudere gli occhi e pensare, per ritrovarsi indietro negli turni a combattere, a vivere e a morire insieme sulle montagne del Cadore o sulle lande desolate del Carso. Gli alpini, un qualche cosa che si sente dentro, che è fierezza, che è orgoglio, che è senso della sofferenza, amore del rischio, speranza di pace, e pur sempre tuttavia qualche cosa di indefinibile e dolce.
Verso sera, a notte inoltrata qualche tromba suonava ancora per ricordare il passato, per guardare al futuro. Vari gruppi sparsi attorno agli improvvisati posti di ritrovo falciavano l’aria con le note di vecchie canzoni di montagna. Spesso stonavano, c’era qualche stecca, ma non importava, l’importante era ritrovarsi insieme.
Ed il giorno dopo li abbiamo di nuovo visti. Arrivati la maggior parte nelle prime ore dell’alba, ammassarsi lungo viale Spellanzon ed imboccare successivamente via Garibaldi.
La banda di Conegliano con la doverosa ospitalità che si deve a chi è di casa qui da noi, ha scandito loro il passo per tutta la sfilata, lungo via Garibaldi, via Cavour, corso Vittorio Emanuele e poi su in via XX settembre fino al Duomo, dove un alpino fra i tanti ha celebrato la S. Messa. Poi in piazza Cima, l’A.N.A. di Conegliano ha voluto rendere il doveroso omaggio della città e dei suoi rappresentanti agli alpini, e successivamente, con una cerimonia senza fronzoli, tipica della gente di montagna, ha reso omaggio alle spose e madri, che negli anni passati hanno tenuto a battesimo i vari gruppi della sezione.
La festa potrebbe dirsi conclusa, se non ci fosse rimasta la nostalgia di ciò che abbiamo vissuto in quei momenti, della familiarità con cui siamo riusciti a legare con questa gente. Uomini cristallini, che sanno conoscere il sacrificio, che sanno che cosa è l’amicizia, che in giornate come queste dimenticano i gradi, le posizioni sociali, le diversità, per sentirsi tutti uguali, tutti ospiti, e a diritto, della famiglia alpina. Per questo, per non dover far torto a nessuno, non abbiamo citato nomi di generali o di personalità presenti. Ne avremmo fatto un grave torto a tutti. Per questo crediamo anche che quel pizzico di retorica che ispira le cronache di queste giornate, sia ampiamente giustificato dalle situazioni e dagli avvenimenti.
Gli alpini, al di là di ogni commento ci hanno fatto capire, con la loro presenza, con la loro vita, con la rievocazione delle loro imprese, prima di tutto e soprattutto, la grandezza della pace. Un bene di cui noi forse non sappiamo assaporare pienamente il senso.
A tutti gli alpini che sono stati fra noi, nella nostra città vorremmo andasse il ringraziamento di noi cittadini. A coloro che gli impegni e le vicende della vita, hanno tenuto lontano, un invito a venire a Conegliano perché Conegliano è città alpina. - SERGIO DUGONE.

Alberto Piasenti


Una madrina alla sfilata alpina di Conegliano

Domenica 3 settembre! Il giorno atteso dagli Alpini di Conegliano è giunto: tra poco sfileranno per le vie della città, uniti ai commilitoni giunti da tutto il Veneto.
La giornata, fin dalle prime ore, si preannuncia triste; la pioggia cade sottile e la temperatura è più autunnale che di fine estate. Il tempo minaccia di rovinare la buona riuscita della manifestazione e già, sul viso di qualcuno, si legge la delusione. Ma gli Alpini, fedeli alle loro tradizioni, si avviano, incuranti della pioggia, al luogo del raduno.
Arrivano numerosi o isolati; tutti portano con orgoglio il loro inconfondibile cappello. In prevalenza sono giovani, ma quelli che si notano maggiormente sono i più anziani, i gloriosi Cavalieri di Vittorio Veneto, con il fisico segnato dagli anni e pur tuttavia presenti con la loro festosa esuberanza eternamente giovanile.
L’ammassamento è quasi al completo: la lunga fila sta prendendo forma.
Non piove più; anche il tempo sembra rendere omaggio a questi uomini così legati alla tradizione alpina.
La vista di questi Alpini che ritrovandosi sanno far rivivere il sacro ideale di universale fratellanza, suscita una profonda commozione:
il loro affiatamento, la gioia che esprimono nell’incontrare tanti amici, provoca in tutti un’indefinibile sensazione di ammirato stupore.
A distinguere il soldato semplice dal graduato c’è solo il colore della penna sul cappello: non esiste il comandante ed il subalterno, ci sono solo gli Alpini, «veci e bocia» e il rapporto che li lega è fatto di stima, di fiducia, di affetto.
La banda comunale inizia la marcia e gli Alpini sfilano a passo cadenzato.
Avanzano solenni per le vie gremite di una folla entusiasta che applaude al loro passaggio, mentre dal cielo cade una pioggia tricolore di volantini.
Qualcuno riterrà che queste manifestazioni in tempo di pace, siano anacronistiche; non sarebbe così se potesse comprendere a fondo lo spirito di questi uomini, che avendo vissuto gli orrori della guerra, sanno a maggior ragione, apprezzare il valore della pace. Sono uomini che conservano vivo nel loro cuore il ricordo di tanti fratelli caduti nel compimento del proprio dovere. Ritrovarsi significa perciò, innanzi tutto, ricordare.
Guardando questi Alpini sento di amarli di un amore filiale, perché nel volto sorridente di ognuno ritrovo mio padre, Alpino della gloriosa Julia, caduto in Russia. Colgo perciò l’occasione per esprimere la mia gratitudine al Consiglio Direttivo e a tutti i Capi Gruppo organizzatori della cerimonia, che hanno voluto rendere omaggio ai caduti anche con la presenza di tutte noi Madrine dei Gruppi, donandoci come ricordo un bel fazzoletto ed una pergamena.

Iseppon Bertilla in Buffon
madrina del numeroso GRUPPO di Pieve di Soligo


RICORDO DELL’ ADUNATA TRIVENETA DI CONEGLIANO
Il gruppo delle Penne Bianche nel corso della sfilata del 3 settembre. Da sinistra: il Ten. Col. Egidio Piacentini di Malcesine, già del Btg. «Belluno»; il Col. Grando, il Col. Momi Di Gaspero e il Magg. Maresio di Conegliano; il Col. medico degli Alpini Emilio Sartorelli di Udine e il Col. Dott. Momola di Conegliano, reduci entrambi del Btg. «Belluno»; e infine il Magg. Comm. Attilio Arrigoni di Verona combattente col Btg. «M. Levanna» comandato dall’indimenticabile nostro Gen. G. Busolli.


Chiuso il primo, inizia il secondo centenario