MARCIALONGA


Giugno 1972

La didascalia d’autore ignoto diceva che il ritmo e le tensioni della vita moderna rendono sempre più desiderabili il contatto con la natura e un’evasione fatta anche di movimento e di impegno fisico. Benissimo.
La fotografia, nel formato 47,5 per 22,7 (margini esclusi) inserita in un settimanale infallibile, mostrava un aspetto del desiderio del contatto con la natura; mostrava cioè un formicaio di sciatori a contatto di gomito quale folla di grande mercato in piazza angusta che al suonare delle dodici inizia il movimento verso casa con un impegno come pochi.
La natura, nella fotografia, era invisibile tutta occupata come era dagli sciatori. Erano Costoro alcune centinaia e cioè soltanto una piccola parte dei 4.000 e passa che desiderando il contatto con la natura partecipavano alla Marcialonga, la «camminata» di 68 chilometri da Moena a Cavalese attraverso Canazei.
In tal modo la tensione della vita moderna non faceva altro che trasferirsi dalla piazza del mercato alle valli del Trentino con un ritmo d’impegno fisico fatto di movimento.
La didascalia (perchè era piuttosto longa) assicurava che si trattava di appagare una passione genuina profonda, sciando attraverso i boschi, respirando aria pura e godendosi i panorami.
L’aria pura non si vedeva nella fotografia ma è facile capire che il fiato grosso tirato da 4.000 e passa sciatori a contatto di gomito ritornava nei polmoni e, quanto al panorama, ogni sciatore godeva solo quello del didietro di chi lo precedeva di un metro.
Naturalmente andando per le longhe ci saranno stati i distacchi coi cavalli da corsa in testa e i brocchi in coda. La massa compatta, tipo comizio, dei 4.000 e passa si sarà slongata fino a ridursi a un fil di fumo di fiato grosso.
Se questo si chiama evadere dal ritmo e dalle tensioni della vita moderna; se questo è desiderio di contatto con la natura; se questo è godimento di panorami e respirazione di aria pura vuol dire che noi la montagna non siamo ancora riusciti a capirla come la capisce l’autore ignoto della didascalia d’accordo col Signor Direttore del settimanale infallibile.
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Guardare per credere. Non si può guardare la fotografia senza credere alla pena che fanno quelle formiche che dopo aver cantato tutta l’estate l’incanto del mare sugli scatoloni di sabbia di Jesolo e Ostia (che caldo!) sono poi andati d’inverno a farsi incantonare dalla montagna sicuri che le chine ripide, il fremito dei pini, il cielo azzurro: insomma il contatto di gomito con la natura avrebbe rallentato mediante la Marcialonga il ritmo e la tensione della vita moderna.
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Se possibile si potrebbe sapere in che stato è stata ridotta la neve da quella valanga dì sciatori che c’è passata sopra?

Eugenio Sebastiani