IN PERU'


Settembre 1970

Gli alpini italiani tra i terremotati del Perù

Ha avuto larga eco nel mondo la grave sventura che a fine maggio ha colpito il Perù a causa di un terrificante terremoto che ha sconvolto molti paesi della costa provocando numerosissime vittime e distruggendo gran parte delle abitazioni.
Molti aiuti sono stati fatti pervenire da parecchie nazioni civili, ma ciò che occorreva con immediatezza erano i soccorsi per salvare molti abitanti sommersi dalle macerie e per prestare aiuto ai feriti. Impresa estremamente difficile in quanto il cataclisma aveva tra l’altro compromesso la transitabilità delle vie di accesso alla zona colpita.
In Perù ci sono parecchi nostri connazionali alpini che lavorano prevalentemente nelle miniere, e l’opera da essi prontamente recata alle popolazioni è stata posta in evidenza dalla nostra stampa e da quella locale.
In una sua corrispondenza da Lima, pubblicata il 7 giugno dal quotidiano Il Giorno, Mario Pirani così scrive:
«Prima del “Dakota” arriveranno, però, i nostri alpini: piccolo significativo gesto di solidarietà della comunità italiana in Perù che animata dall’incaricato d’affari Giacomo Ivancie e dalla moglie ha trasformato il collegio «Raimondi» in centro di raccolta degli aiuti. Di qui è partito un gruppetto di alpini in congedo con la penna nera sul cappello che, portandosi dietro quindici studenti, su un camion carico di viveri, medicinali, coperte, raggiungerà le Ande per inerpicarsi fino ai paesi distrutti».
Su «La Prensa» di Lima è apparso il seguente articolo che riportiamo dalla traduzione di Roberto Pecchioli:
«Un bollettino diramato dall’ambasciata d’Italia informa che un gruppo di alpini italiani residenti in Perù, le cosiddette «penne nere», ha raccolto con sollecitudine 50 tonnellate di viveri, capi di vestiario, tende e medicinali per la zona di Casma e le località vicine, che furono devastate dal terremoto del 31 maggio. Gli aiuti, valutati in circa due milioni di «soles» (50 milioni di lire), continua il bollettino, sono stati raccolti tra la collettività italiana, sotto gli auspici dell’ambasciata d’Italia e sono stati trasportati nel Nord con dodici veicoli.
Il gruppo è stato diretto dal Capitano Bedon, presidente della Sezione Alpini del Perù, ed era formato tra le altre persone, da un sacerdote che fungeva da cappellano e da una esperta infermiera.
Il bollettino precisa che l’auto-colonna si è mossa verso la zona del disastro appena due giorni dopo l’accaduto. Con l’autorizzazione della centrale dei soccorritori, gli alpini italiani sono entrati a Casma la notte del 5 giugno alla testa di una piccola colonna motorizzata, approvvigionando il deposito della JAN, la centrale dei soccorritori e l’ospedale della città. Allo stesso modo, nei giorni seguenti, essi hanno portato aiuti alle popolazioni di Sechin Alto, Carboneria, Yautan, Punchauca, Buenavista ed altre ancora, che erano quasi completamente isolate ed avevano riportato la distruzione di quasi il 70 per cento delle costruzioni.
Per compiere meglio il suo lavoro, il gruppo si è diviso in due parti.
Mentre l’uno rientrava a Lima per preparare i prossimi viaggi nelle zone terremotate, l’altro rimaneva sul posto, stabilendo un campo-base, sotto la direzione del cappellano, padre Piccinelli.
Questi campi sono stati installati a Bellavista, a dodici chilometri da Casma, e sono serviti come punto di smistamento degli aiuti e come posti medici».