ANTONIO CANTORE


Agosto 1965

Antonio Cantore nei ricordi di un «Vecio»
Dal numero speciale di «Malga Roma», pubblichiamo in occasione dell’Adunata Nazionale del 1954, riproduciamo il seguente articolo scritto da un anonimo «vecio della Libia»:

Non è possibile ad ogni nostra adunata non sentire fra noi, sopra noi, lo spirito di Cantore; e le rievocazioni si affacciano negli animi dei reduci insieme all’imperativo morale di farne parte alle nuove generazioni di Alpini. Eccoci dunque a rievocare la figura di Antonio Cantore, attraverso qualche episodio scelto fra i meno noti.
Nato a Sampierdarena nel 1860, sottotenente di Fanteria a 20 anni, passò negli alpini da maggiore nel 1898. Quando i reggimenti alpini furono portati da 7 a 8, Cantore fu incaricato di costituire l’8° alpini (battaglioni Gemona, Cividale e Tolmezzo).
Ma l’epopea di Cantore doveva irradiare i suoi primi bagliori in terra di Libia, dove il suo 8° Alpini speciale (battaglioni Susa del 3°, Vestone del 5°, Feltre del 7° e Tolmezzo dell’8°) scrivevano a lettere d’oro il primo capitolo della Storia degli Alpini in guerra.
L’altipiano del Garian, dopo aver visto gli alpini creatori di magnifiche strade aperte per la prima volta al traffico degli autocarri, doveva essere testimonio della prima grande prova di valore che i battaglioni di Cantore, elettrizzati dal vecchio colonnello, davano ad Assaba nella bella e decisiva battaglia in campo aperto il 23 marzo del 1913, giorno della Santa Pasqua. Cantore, dapprima a cavallo, poi, ferito il cavallo, proseguendo a piedi fra le due teste d’avanguardia del Feltre a sinistra e del Tolmezzo a destra, coi suoi due valorosi aiutanti maggiori, capitano Cavarzerani e tenente Carlo Rossi, guidava la battaglia, riducendo alla più semplice espressione i suoi ordini, cioè ad una sola parola; «Avvanti, avvanti!».
La grande vittoria di Assaba aprì la strada all’avanzata trionfale dell’Italia per centinaia di chilometri dal Garian a Jeffren, da Jeffren a Nalut, fino al confine della Tunisia.
Ma un’altra prova attendeva quei battaglioni. L’insuccesso del maggio 1913 in Cirenaica a Sidi Garbaa, induceva il comando a richiamare da Nalut quasi tutte le truppe di Cantore, che lasciatovi il solo Susa, faceva imbarcare l’8° speciale alla volta di Derna. Nella battaglia di Ettangi (13 giugno), gli alpini di Cantore inquadrati con truppe eritree ristabilivano in pochi giorni la situazione riconquistando tutte le posizioni e ricuperando i pezzi di una batteria perduta nel maggio a Sidi Garbaa. Reduce da Ettangi, la colonna Cantore s’imbarcava alla volta di Tobruk, di dove, marciando senza sosta su Ras Mdauar, debellava in un’altra radiosa giornata le ultime resistenze delle truppe di Enver bey, mentre due aeroplani tricolori accompagnavano l’avanzata degli alpini.
Da Tobruk, Cantore passò a Merg, dove succedette nel comando della zona al generale Torelli, caduto a Tecniz. Lo stato maggiore di Cantore al Merg era limitato a tre ufficiali, il capitano Venini (la medaglia d’oro padre di medaglia d’oro e autore dell’inno degli sciatori), il tenente Carlo Rossi aiutante maggiore, e il sottotenente Roberto Olmi interprete di arabo. All’inizio del 1914 dal Merg, Cantore balzò alla presa di El Carruba e alla conquista di Marana. Promosso generale andò a Bengasi dove gli fu affidato il comando delle operazioni nel Sud Bengasino, operazioni ch’egli diresse in modo egregio vincendo non soltanto le insidie dei nemico ma anche gli attacchi cartacei dell’alto comando amico di Bengasi!
Nonostante avesse avuto carta bianca per agire, continuavano a giungergli attraverso una rudimentale stazione radio a scintilla, valanghe di radiogrammi che chiedevano specchi e specchietti di dati più o meno statistici, la cui compilazione materiale avrebbe distratto in permanenza il poco personale del comando, impegnato in attività ben diversa. Cantore decise di ispezionare la stazione Radio. Vi andò solo. Quando gli si presentò sull’attenti il sottufficiale radiotelegrafista, Cantore fu eccezionalmente gentile con lui:
— Stia comodo, sergente. Mi dica un po’. Lei impiega un apparecchio molto delicato e importante, no?
— Certamente sig. Generale.
— Mi faccia un po’ di spiega, sergente. E questo che cos’è e questo tasto a che cosa serve?
Il bravo sottufficiale parlò di triodi amplificatori e di griglie, di circuiti anodici e di induzioni e concluse la sua spiega, mostrando una specie di chiavistello e dicendo:
«Vede, signor Generale, se si perdesse questo semplicissimo pezzetto, l’intera stazione sarebbe ridotta al silenzio».
Cantore dissimulò la sua soddisfazione, fece qualche altra domanda al sergente sul rancio e, approfittando di un momento di distrazione del suo dipendente, con abile mossa tolse il chiavistello dall’apparecchio e se lo mise in tasca. Il sergente lo accompagnò fino al recinto della stazione radio e rientrò soddisfatto di essersela cavata senza un «cicchetto».
La radio tacque per tutta la rimanente durata del ciclo operativo e Cantore, liberato dal disbrigo delle scartoffie, precedette senza intralci alla riconquista di Agedabia e di buona parte del Sud Bengasino.
Alla fine mandò a chiamare il sottufficiale r. t. che da tempo aveva invano segnalato l’inspiegabile scomparsa del chiavistello e, consegnandogli il pezzo, gli disse:
— «Guardi un po’ se è questo quel pezzo che le mancava, me lo sono trovato non so come nelle mie tasche». E gli dettò il dispaccio per Bengasi annunziante la riconquista di Agedabia.
Cantore era un prodigio di attività. A vederlo, con quel suo aspetto di studioso, l’occhio sereno dietro gli spessi occhiali da miope a stanghette, lo si sarebbe scambiato per un professore di latino. Non era certo l’uomo dalla conversazione gioviale. Era l’uomo del comando e dell’azione. Frasi brevi, parole secche, incisive, gesti risoluti. Quella parola: Avanti! detta e ripetuta ovunque con la caratteristica cadenza del suo accento ligure, bastava da sola a identificarlo, Egli era il generale Avvanti-Avvanti!
In questo motto breve ed energico si compendiava per lui tutta la teoria e la pratica della nostra politica coloniale nell’ardua lotta coi ribelli e certo egli la seppe tradurre in atto col miglior successo.
Fra il giugno e il luglio 1914, alla testa di truppe metropolitane e indigene, marciò per trecento chilometri nel Sud Bengasino, attraverso le tappe vittoriose di Bedafom, di Langal, di Suasi el Gda, fino alla remota zauia ostile di Lektafia, e oltre, verso le pIaghe desertiche della Sirte.
Ma la bufera che si stava addensando sull’Europa aveva fatto ormai rientrare in patria quasi tutti i battaglioni di Cantore. E di lì a poco anche Cantore rimpatriava e andava sulle Alpi a prepararvi e ad attendervi la sua grande ora. Al comando della 3° brigata alpina, passò il confine nel settore Montebaldo-Lessini, occupò il Monte Altissimo e, sceso in val Lagarina, il 27 maggio, dopo vivace combattimento entrò in Ala. Trasferito al comando della 2° divisione in val Boite, il 20 luglio del 1915 mentre si trovava in ricognizione sulle primissime linee del settore delle Tofane, a Forcella Fontana Negra, rimaneva ucciso da una pallottola austriaca che lo colpiva in fronte. Era il primo nostro generale caduto nella guerra 1915-18 e alla sua memoria venne conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare.