GRUPPO SOLIGHETTO


Maggio 2011

L'epopea alpina di Nikolajewka

Domenica 23 gennaio a Solighetto la cerimonia sezionale che si ripete da 65 anni. Tanta partecipazione e voglia di testimoniare ancora i valori di quegli alpini combattenti in Russia

di Matteo Villanova

65 anni fa, per volontà del reduce di guerra e allora capogruppo il cav. Giovanni Pansolin, si celebrò per la prima volta a Solighetto l’epopea alpina di Nikolajewka.
Da allora in gennaio gli alpini della Sezione si ritrovano a Solighetto per commemorare i caduti della campagna di Russia e la Battaglia di Nikolajewka datata 26 gennaio 1943.
Sessantotto anni sono trascorsi da allora, e se ancor oggi gli alpini si ritrovano così numerosi a questa celebrazione, non può che essere ancora vivo il ricordo di quanto accaduto in quella occasione, e nell’intera campagna di Russia.
È la prima celebrazione dell’anno e da poco ci si è ritrovati al Bosco delle Penne Mozze, quest’anno onorati tra l’altro della presenza del Presidente Nazionale Corrado Perona.
Ci si ritrova per ricordare coloro che non sono rientrati dalla Russia, che sono caduti in battaglia o sconfitti dalle avverse condizioni climatiche e territoriali, che non hanno avuto la fortuna di rientrare in patria e di poter riabbracciare i propri cari e le proprie famiglie. Famiglie che oggi partecipano a questa manifestazione con i figli, i nipoti e i pronipoti di coloro che sono caduti, perché da allora non è poi passato così tanto tempo, due, al massimo tre generazioni.
Generazioni che a questa, come ad altre celebrazioni, sono presenti e anche parti attive, con i bambini che partecipano con i loro canti, i loro disegni, con le rappresentazioni teatrali e soprattutto con la loro presenza festosa ed interessata.
Ed i loro genitori, figli o più probabilmente nipoti di nonni che alla campagna di Russia vi hanno partecipato, che inevitabilmente in famiglia attraverso i racconti dei propri genitori, nonni e zii, hanno avuto testimonianza di quanto vissuto dai propri famigliari, e che sicuramente portano dentro un sentimento che ogni anno possono rinnovare e celebrare.
Credo che in fondo, i loro pensieri e i loro cuori si riempiano d’orgoglio e di stima verso quegli alpini che, a distanza di quasi settant’anni ,si ritrovano così numerosi a ricordare quegli alpini, ma soprattutto quegli uomini, che sono stati parte della loro famiglia. E credo che anche in noi si faccia spazio un po’ d’orgoglio quando vediamo così tanti gagliardetti e vessilli contornare l’altare durante la funzione religiosa, e sentiamo nella predica un messaggio così profondo di alpinità, di senso del valore e della patria come quello recitato dal Gen. Mons. Agostino Balliana.
Tra gli scopi della nostra associazione vi è quello di tenere vive e tramandare le tradizioni degli Alpini, difenderne le caratteristiche, illustrarne le glorie e le gesta, e credo che non ci sia modo migliore di farlo in così tanti e con una così grande partecipazione da parte della popolazione che in fondo un po’ anche ci gratifica. Soprattutto di questi tempi in cui la società sembra un po’ smarrirsi, gli alpini possono essere l’emblema di quel valore aggiunto al quale ispirarsi e nei quali ricercare le proprie solide radici, perché dopotutto, specialmente quest’anno, non celebriamo solamente gli alpini, ma la storia del nostro paese, l’Italia, nell’anno del suo 150° compleanno.
Vorrei chiudere citando un testo di Giulio Bedeschi e musicato dal maestro Bepi De Marzi, più noto come il canto ‘L’ultima notte’.

L'ultima notte
Era la notte bianca di Natale
ed era l’ultima notte degli alpini;
silenzioso come frullo d’ale
c’era il fuoco grande nei camini.

Nella pianura grande e sconfinata
e lungo il fiume - parea come un lamento -
una nenia triste e desolata
che piangeva sull’alito del vento.

Cammina cammina
la casa è lontana
la morte è vicina
e c’è una campana
che suona, che suona:
Din don, dan...
Che suona, che suona:
Din don, dan...

Mormorando, stremata, centomila
voci stanche di un coro che si perde
fino al cielo, avanzava in lunga fila
la marcia dei fantasmi in grigioverde.
Non è il sole che illumina gli stanchi
gigli di neve sulla terra rossa.
Gli alpini vanno come angeli bianchi
e ad ogni passo coprono una fossa.

Tutto ora tace. A illuminar la neve
neppure s’alza l’ombra di una voce
lo zaino è divenuto un peso greve;
ora l’arma s’è mutata in croce.

Lungo le piste sporche e insanguinate
son mille e mille croci degli alpini,
cantate piano, non li disturbate,
ora dormono il sonno dei bambini.

Cammina cammina
la guerra è lontana
la casa è vicina
e c’è una campana
che suona, ma piano:
Din, don, dan...
Che suona, ma piano:
Din, don, dan...


Autorità presenti per Nikolajewka


Il momento solenne dell'Alzabandiera


Alunni ed insegnanti partecipano alla cerimonia


Alpini Reduci sfilano a Solighetto


La sfilata a SOlighetto


Le scolaresche presenti, orgoglio del Gruppo Solighetto