GRUPPO ORSAGO


Giugno 1993

LE PENNE NERE E LA POPOLAZIONE DI ORSAGO
RENDONO GLI ONORI ALLE SPOGLIE GIUNTE DALLA RUSSIA DELLA MEDAGLIA D’ORO ARTIGLIERE ALPINO SERGENTE GIOVANNI BORTOLOTTO

A ben 47 anni di distanza nel tempo. a prima vista si direbbe che le vicende vissute dai soldati italiani sul fronte russo, durante la seconda guerra mondiale, debbano risultare talmente lontane e sfocate da non rendere possibile una ricostruzione attendibile, basata sulla memoria di chi è ritornato o al massimo su brevi appunti tracciati a matita su di un foglietto.
Invece bisogna riconoscere che quelle vicende hanno segnato a fuoco l’animo, prima ancora di essere impresse nei recessi della memoria.
Dirò di più; hanno lasciato un solco incolmabile nella vita intera di quanti la condivisero, sia che questi si siano trovati a soffocarle, quasi doverle tenere disperatamente intanate nel buio e tentare di liberarsi dalla loro presenza; sia che il parlarne e rievocarle conferisse una sorta di liberazione al fine di renderci una esperienza al limite del credibile, nell’intento di serbare e tramandare memoria di chi, quasi oscuratamente, diede un tal contributo di volontà, di offerta di sangue, tali da indurre a seguire un volenteroso, fraterno ricordo.
Episodi, precisazioni dì tempo e di luogo, militari coinvolti nella grande vicenda emergono in vario modo dalle pagine di Bedeschi e di Bocassini, dove drammaticamente posero in primo piano la sorte delle nostre divisioni che in modo indimenticabile ressero sia la tensione dello sforzo offerto, che il dolore del conseguente sacrificio.
Domenica 8 novembre al Sacrario militare di Fagarè sono stati tributati gli onori militari alle urne con i resti di soldati italiani della seconda guerra mondiale già residenti nei vari comuni della nostra provincia e provenienti dai cimiteri della Russia e dell’ex Germania Orientale. I resti sono relativi a soli 44 caduti, poiché nel corso dei lavori di esumazione delle salme non sempre si è potuto procedere con certezza alla loro identificazione.
Dei 44. 12 provengono dal campo d’internamento tedesco di Luckenwalde (il cosiddetto lager del dolore). I rimanenti resti provengono invece dalla Russia.
Al termine della cerimonia civile e religiosa la consegna delle urne, con i resti dei Caduti, ai parenti per la sepoltura nei rispettivi luoghi di residenza, molti dei quali dei gruppi della nostra sezione; così è stato per le spoglie di Gino Dotta e Angelo Furlan (Pieve di Soligo), Ermenegildo Breda ed Emilio Pupetti (Sernaglia), Giuseppe Zava (Godega SU.), Angelo Salton (Corbanese), Rodolfo Rosada (Francenigo) e della m.o. Giovanni Bortolotto per Orsago. a cui è stata tributata l’onoranza della nostra sezione, alla quale ha presenziato il presidente nazionale Leonardo Caprioli, di ritorno da analoga cerimonia nel tarvisiano. La cerimonia commemorativa ha avuto inizio alle 15,15 ed è stata voluta e preparata dalle amministrazioni comunali di Orsago e Vittorio Veneto con la collaborazione della nostra sezione.


I resti mortali della M.O. Bortolotto, portato dal capogruppo
battistuzzi e scortati dal reduce di Russia Bonanni


Un momento del rito religioso

Fitta la rappresentanza dei vessilli sezionali e di rappresentanze d’arma. Dopo una breve veglia ai resti mortali di Bortolotto. preceduta dal Medagliere nazionale, dal Gonfalone di Orsago, dai Vessilli e dal Gagliardetto, rispettivamente di Vittorio V., Conegliano e Orsago. l’urna seguita dal nipote, parenti ed autorità, è stata deposta ai piedi dell’altare da campo per la solenne celebrazione.
Preceduta dalla lettura delle motivazioni per le decorazioni ricevute: croce di guerra al v.m. sul fronte albanese e Medaglia d’oro alla memoria, lette dal presidente della sezione nastro azzurro Sig. Guido Quinsii;la S. Messa officiata dall’ordinario militare mons. Santarossa che all’omelia così si espresse:
“Ringrazio innanzitutto l’arciprete di Orsago che ha voluto che fossi io a presiedere questa celebrazione con i due confratelli cappellani militari don Domenico Perin e don Raffaele Lot, che mi sono particolarmente vicini e che certamente più di me possono capire il significato di questa celebrazione. Ringrazio l’A.N.A. di Orsago e di Vittorio Veneto che sono sempre, come tutti gli alpini con poche parole ma con i fatti. con la loro presenza e con il loro lavoro sono capaci di fare anche queste cose, oltre che tante altre in Italia e nel inondo; ringrazio pure il primo cittadino di questa comunità; questa mattina a Fagarè erano presenti quasi tutti i sindaci della marca trevigiana.
Avevo fatto una battuta parlando con loro prima della celebrazione; nelle vostre mani i giovani, la maggior parte erano giovani, sono riposte le sorti di questa nostra popolazione, anche se so quanto sia difficile oggi, più di ieri, adempiere questo alle comunità.
Infine ringrazio tutte le autorità. vedo tra loro persone che hanno una storia forse molto più importante di quanto possa io raccontare.
Negli anni ‘39 - ‘40 non ero più sufficientemente bambino per non aver occhi per vedere e quindi incapacità di sapere quello che avveniva attorno a me nei paesi e nelle città vicine: perchè i bambini quando hanno 5/6 anni sono naturalmente curiosi.
Vedevo, sapevo, ma forse non capivo, anzi non potevo capire.
I miei occhi poco più che bambino, "figlio della lupa" e bisogna aver il coraggio di dirlo, han visto in quelli anni partire per paesi lontani i migliori uomini, i migliori giovani dei nostri paesi. delle nostre comunità: fratelli maggiori, zii, cugini e molti padri. Ricordo ancora, ti volto di queste persone, alcune a me particolarmente care perchè legate dai vincoli di sangue, e ricordo le storie che si raccontavano nelle nostre case, di notte quando c’era il coprifuoco perchè c’era il buio e le case erano tappate.
E’ stata un’adolescenza di paura, è stata un’adolescenza di poca gioia e di poco gioco.
Dopo il 25 aprile ho rivisto il ritorno di questi volti: ma non sono tornati tutti, e molti di quelli che sono tornati erano della larve umane e molti di loro certamente mi auguro siano qui presenti tra noi.
Pochi sono tornati e molti sono rimasti in Grecia. in Albania. in Africa. in Russia e nei lager.
Proprio questa notte sono tornato dall’Albania e ho visitato, come sempre, i nostri meravigliosi giovani che tentano di portare fuori dalla miseria un popolo distrutto da cinquant’anni di dittatura.
Ho avuto modo di ripercorrere le stesse strade che alcuni di voi hanno percorso in quegli anni. cose coni vera stato qualche giorno prima nella vicina ex Jugoslavia per celebrare, il giorno dei morti, una santa Messa nel luogo dote sono stati colpiti, il 7 gennaio di quest’anno, quattro nostri elicotteristi e quattro piloti che voi ben conoscete,
Credevo fosse mio dovere di cappellano militare, almeno il giorno dei morti, celebrare una messa nel luogo dove queste giovani vite sono cadute.
Ho ripercorso la vallata dell’ex Jugoslavia dove tante storie ho ascoltato con le mie orecchie. tanti atti di eroismo e di coraggio ma anche delle stragi immani, inumane, che non è qui il caso di ricordare e che sono certamente una macchia per tutta l’umanità.
Perché mentre l’animale uccide solo per difendersi o per sopravvivere. l’uomo uccide per cattiveria o addirittura per gioco. per divertimento,
Sono partito così da lontano non per fare un discorso lungo, ma perché l’omaggio che rendiamo a questa medaglia d’oro, a questa giovane vita, non avrebbe senso se non fosse collegato con un monito e un richiamo forte che io faccio a me ogni giorno, ma che vorrei che ognuno di noi facesse per se. La domanda che mi ha percorso in quei giovani anni e che continua tuttora a tormentarmi è se era giusta quella causa, se valeva la pena sacrificare tante giovani vite. oscurate tante risorse umane.
Anch’io, come voi, ho cercato di cogliere attraverso quelli che forse un tempo erano sapienti, ma oggi dubito molto della loro sapienza, hanno avuto fretta di scrivere, di dire, che era una causa sbagliata e se era un grave errore quello che è stato fatto in quegli anni.
I miei nonni mi hanno insegnato che i giudizi della storia bisogna lasciarli alla storia, e la storia ha bisogno di tempo per dire da che parte era la verità, da che parte era il giusto.
Ma noi una cosa dobbiamo capire, e oggi abbiamo bisogno di capirla; che non ci interessa il giudizio della storia ma ci interessa un atto di pietà che nemmeno nell’antica Grecia veniva negato ai morti uccisi dallo stato.
Antigone, la giovane e fiera ragazza di Atene, davanti al tiranno che le aveva ucciso il fratello e l’aveva fatto abbandonare perchè non avesse sepoltura disse: Tiranno, una legge non degli uomini ma una legge di Dio richiede che mio fratello abbia una degna sepoltura”. nemmeno questo siamo stati capaci di rispettare, noi popolo che doveva essere il maestro nel mondo, popolo europeo dell’est e dell’ovest, abbiamo dovuto aspettare
47 anni, e forse qualcuno aspetterà inutilmente per tutta la vita.
Questa è la vera barbaria, questo è il vero tradimento dell’uomo e dell’umanità, questa è la negazione di Dio senza la quale non ha dignità la sofferenza di questa terra ma diventa oggetto in mano di altri esseri.
Allora noi rendiamo omaggio al sangue di questi figli, perchè proprio per il loro sacrificio il mondo sta cambiando e che l’umanità con grande difficoltà sta cercando altre strade, altre vie per ricostruire quel senso di solidarietà, di rispetto, di tolleranza, di stima; senza le quali la parola pace diventa una parola vuota, la parola
Patria diventa solo un eco, la parola comunità diventa solo un luogo comune di molti uomini che cercano ancora oggi di darcela da intendere.
E allora questo gesto che compiamo è un atto di pietà che è dovuta ad ogni morte di qualsiasi colore essa sia. perchè la morte non ha un colore.
Pensiamo tante volte che l’unica cosa che Dio ha fatto giusta è che tutti un giorno moriremo, e non sarà la distinzione d’una tomba a renderci più famosi gli uni dagli altri.
Rendiamo omaggio a questa giovane vita che assieme a Lui, idealmente, a tutti quei giovani che hanno lasciato la vita per una causa, e questo sì dobbiamo dirlo e dobbiamo avere il coraggio di dirlo, che loro credevano giusta; come per 30-40-50 anni milioni di persone in Italia hanno creduto giusto che il comunismo fosse una dottrina della liberazione dell’uomo.
In buona fede, forse non erano in buona fede coloro che questa dottrina l’hanno insegnata, propagandata, e sulla quale hanno costruito molte volte la loro fortuna, o le loro fortune.
E qui mi corre l’obbligo di richiamare tutti coloro che hanno doveri di responsabilità pubblica, dall’insegnante della scuola elementare al sindaco di una città o al politico di una nazione; che le responsabilità non possono mai essere delegate ad altri e che il popolo ha il diritto di essere sicuro che le scelte dei propri governanti sono secondo giustizia, secondo onestà e secondo umanità; altrimenti una democrazia non ha senso di esistere, non può sopravvivere ed allora c’è lo spazio per la tirannia, per il tiranno e la peggior democrazia, popolo di Orsago, è migliore di qualsiasi tirannia. Dico queste cose con il cuore profondamente affranto e preoccupato, perché vivendo ormai da oltre trent’anni in mezzo ai vostri figli, che non sono diversi da questo vostro Figlio; e qui lo voglio dire ad alta voce, che i nostri soldati, i nostri carabinieri, i nostri poliziotti, i nostri finanzieri ancorché ventenni, nulla hanno da rimproverarsi o da invidiare a questi loro fratelli maggiori.
Per cause diverse e con motivazioni diverse sono capaci di compiere anche oggi gli stessi eroici sacrifici.
Li ho visti questi vostri figli in Libano nell’83/’84, nel terremoto del Friuli e dell’Irpinia nel ‘76 e nell’80; li ho visti durante quest’estate nella Barbagia, li ho visti pochi giorni fa in Sicilia; li ho visti, come vi dicevo, in Albania ed in Jugoslavia, perchè abbiamo anche in Jugoslavia dei nostri uomini che stanno facendo un servizio rischioso e di loro ci ricordiamo soltanto quando muoiono.
Questi giovani, figli di questa generazione del benessere e dell’egoismo, quando motivati e quando hanno capito cosa devono fare sono uguali ai loro padri, ai loro nonni; e qui io ho il dovere di di rendere testimonianza e di ricordarli; fino a quando ci sono questi giovani, un popolo, una comunità, ha una speranza; a un prezzo però che si smetta di seminare vento, di seminare discordia e di seminare divisioni o distinzioni.
I giovani che difendono l’Italia e gli italiani, che difendono l’interesse della pace del inondo, non sono né del nord né del sud, anzi, dovrei dire che sono prevalentemente del sud, e parla in questa maniera un figlio come voi di queste terre. Sono prevalentemente del sud, ma nel servizio del dovere non sono diversi da noi del nord e meritano la nostra stima, il nostro rispetto, e di essere considerati italiani, forse. qualche volta, più di noi.
Perchè se non cambieremo questo questi sacrifici saranno inutili, questi 800 mila hanno versato il sangue per niente, come avevano fatto i nostri nonni sul Carso, sul Montello, o sul Grappa.
Bisogna che tutti quanti si abbia a riscoprire quel Dio Padre che hanno nominato fino all’ultimo momento, come ho raccolto delle testimonianze di tanti cappellani militari, questi giovani, questi padri, questi fratelli, prima di morire nei campi di prigionia o nella steppa.
Forse abbiamo allontanato troppo presto Dio dalla nostra vita, dalle nostre coscienze, dalle nostre comunità, in nome di un laicismo di comodo”.
Queste parole di mons. Santarossa sono risuonate ricche di significato e di attualità.
Parole alle quali, con una visione molto ampia e precisa, il celebrante ha voluto rispondere in concretezza ed in sintesi ripercorrendo le recenti vicissitudini internazionali fino a concludere che un popolo non deve dimenticare coloro che hanno donato la loro giovinezza per obbedire alle leggi della Patria.
Perchè in questi anni bui, nei quali abbiamo assistito all’opera di dissacrazione e di sistematica distruzione di tutti i valori della vita, del costume, della famiglia, di decadimento del linguaggio e di ogni forma di rispetto, i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti; a questo nostro Caduto, simbolo del senso del dovere, dell’onestà e del sacrificio, dobbiamo ancora ispirarsi se vogliamo ricostruire un’Italia bella e pulita come i nostri Caduti l’avevano sognata.
Al termine della S. Messa e prima che i resti mortali di questo nostro Eroe fossero tumulati nel cimitero di Orsago, il doloroso e commovente saluto del presidente Caprioli:
“Qualche ora fa a Tarvisio ho salutato l’amico di un tempo mio compagno di corso le cui spoglie sono rientrate anch’esse dalla Russia, e ripeto a Te caro Bortolotto, il ben tornato in questa tua terra.
Io non ho avuto il privilegio di conoscerti. So, della Tua Julia, quello che avete fatto. A noi della Tridentina che eravamo 50/60 km. più a nord del vostro schieramento, fin da dicembre quando foste coinvolti in quella immane tragedia, giunsero le notizie di questi atti di supremo valore di cui foste protagonisti: ed uno di questi atti lo hai compiuto Tu il 28 dicembre donando la tua giovinezza alla nostra Italia.
E assieme a tutti gli altri, assieme a tutti quei ragazzi che con Te non sono più tornati, nel momento stesso in cui abbandonavi la vita probabilmente ci hai salutato in questo modo:
“Addio! Io resto qui, io resto sotto questo cielo che non è il mio cielo, in questa terra che non è la mia terra, e voi che avrete la fortuna di tornare in Italia, ricordatevi di noi così come io mi ricorderò di voi; così come io ogni primavera quando vedrà schiudersi le foglie delle piante appena nate ricorderò che la vita non è mai morta e che ogni anno ricomincia; e vivrà con questa speranza di poter rivedere il mio cielo e la mia terra “Ecco Bortolotto, finalmente questa Tua speranza, almeno per Te, si è rivelata una profonda verità.
Siamo venuti e ti abbiamo riportato qui e d’ora in avanti quando sentirai le campane, saranno le campane del Tuo paese, quando guarderai il cielo sarà il cielo di questa tua terra, quando qualcuno dei tuoi amici verrà a mettere un fiore sulla Tua tomba sarà un fiore raccolto nelle Tue campagne.
Addio sergente Giovanni Bortolotto!”

GAGLIARDETTI PRESENTI
Bibano, Conegliano Città, Conegliano Maset, Collalbrigo, Colfosco, Collalto, Codognè, Corbanese, Gaiarine, Ogliano, Orsago, Parè, Pianzano, Refrontolo, S. Lucia, San Fior, S. Maria, S. Pietro, S. Vendemiano, Sernaglia, Soligo, Susegana. Vazzola, Colle Umberto.
VESSILLI:
Conegliano, Vittorio Veneto.
LABARO NAZIONALE (medagliere)
pres. Caprioli, cons. Chies.
RAPPRESENTANZE D’ARMA Ass.
Penne Mozze, Ass. Nastro Azzurro, Bersaglieri-Conegliano, Artiglieri Vittorio Veneto, Mutilati ed Invalidi Orsago, ANPI (Ass. Partigiani-Orsago, Gr. Autonomo donatori sangue Orsago, Artiglieri-Codognè, Aeronautica-Gaiarine, Combattenti e Reduci Orsago, Quinsii Guido - rappr. Nastro Azzurro, don Giuseppe arciprete Orsago, don Domenico Perin e don Raffaele Lot-Cappellani militari, Luigino Basso, Giacomo Vallomy, Bozzoli, Geronazzo, Travaini, Bonanni (alfiere medagliere), Danieli, Da Re Ennio, gen. Vettorazzo.

Steno Bellotto