GRUPPO GAIARINE


Dicembre 2003

L’ULTIMO SALUTO ALL’ALPINO PIETRO FANTUZ

Il 5 dicembre 2002, gli Alpini si sono riuniti per dare l’ultimo saluto all’alpino Pietro FANTUZ, classe 1913.
Salutiamo l’ultimo degli alpini del nostro comune che ha partecipato alla drammatica ritirata di Russia.

Ora non c’è più nessun testimone diretto a cui chiedere, e dal quale farsi raccontare quei momenti terribili, quei grandi sacrifici, quelle disumane condizioni che hanno determinato la morte di migliaia di giovani inviati in quelle terre lontane.

A vent’anni, nel 1933, parte alpino al 7° Rgt di Belluno, per svolgere il normale servizio militare.
Nel 1942, viene richiamata all’età di 29 anni, per far parte dell’ARMIR che si sta formando per andare in Russia.

Rientra sano e salvo dopo molti mesi attraversando mille pericoli, a piedi, stanco nel fisico e stanco anche nel morale, come tutti i nostri soldati abbandonati sul fronte di guerra.

Pietro amava raccontare a qualcuno di noi come si sia salvato, soprattutto aiutato dal suo mulo, al quale nei momenti di sfinimento, prima di cadere sulla neve per una sicura morte bianco, si attaccava alla sua coda.
Con lo stesso mulo divideva le poche “carobole”, unico alimento per non morire di fame.

Ricordava anche la semplicità e la generosità del popolo Russo, ed in particolare, delle donne russe, che lo hanno aiutato come fosse un loro figlio, che magari combatteva per un altro fronte.
Rientrato a casa, deve ripartire un’altra volta per emigrare in cerca di lavoro.
Arriva in Australia nel 1949 e lì si ferma per quasi dieci anni.

Una vita segnata da grandi sacrifici, da forti sentimenti, che gli avevano formato un carattere forte ma taciturno, soprattutto quando entravamo in argomenti di guerra.

Ti saluto a nome di tutti gli alpini ai quali sei sempre stato molto vicino fino all’altro ieri, 3 novembre, quando abbiamo commemorato i caduti, e te ne sei andato in silenzio, ultimo di tanti tuoi compagni alpini che se ne sono andati tanti anni fa, nel silenzio della steppa e della neve russa.

Tu sai che, per gli alpini, non sei morto ma, come usiamo dire tra noi, sei solo andato avanti.