GRUPPO GAIARINE


Giugno 1992

NEL 42° ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE
IL GRUPPO DI GAIARINE INAUGURA LA NUOVA BELLA SEDE E UN CIPPO CON UN’OPERA SIGNIFICATIVA IN FERRO BATTUTO E RICORDA L'AVVENIMENTO CON UN’EMBLEMATICA FRASE SCOLPITA “GLI ALPINI PER LA PACE”

La gradita visita del presidente nazionale dott. Nardo Caprioli ha suggellato una stupenda giornata di concordia alpina


Lo scoprimento del grande cippo, con la significativa
locuzione “Alpini per la pace”.


li Presidente della sezione Luigi Basso pronuncia
il discorso ufficiale.


Il taglio del nastro inaugurale della nuova sede del gruppo da parte
della signora Luisa vedova dell’indimenticabile Giulio Bedeschi
accompagnata dalla madrina del gruppo sigra Maria Riva.


il presidente nazionale dott. Nardo Caprioli dopo la visita alla sede,
accompagnato dal capogruppo Gildo Trivellato e dal presidente Luigi Basso.



L’affettuoso abbraccio del presidente nazionale Caprioli
alla signora ‘Luisa Bedeschi,

Le bizze di Giove Pluvio avevano tenuto col flato sospeso gli organizzatori della manifestazione: il sabato acqua a volontà, nella notte luna e stelle, la domenica mattina un sole splendente come non mai risvegliava l'operosa gente di Gaiarine.
Anche se le previsioni del tempo, per tutta la settimana pungente ed incerto, avrebbe frenato una partecipazione massiccia, è stata comunque folta la presenza degli Alpini.
Una organizzazione seria, un programma nutrito, un’animazione insolita, hanno ancora una volta messo in mostra la capacità organizzativa e lo spirito composto, gioviale ed altruistico degli Alpini gaiarinesi.
Domenica, sin dal primo mattino, Gaiarine ha assunto un aspetto di grande festa, pavesata come non mai da centinaia di tricolori esposti in tutte le vie.
Ci voleva proprio una giornata come quella del 29 marzo 1992 per far corona alla celebrazione del 42° anniversario della fondazione del gruppo.
Il ricordo di tanti anni di attività, di tante cose realizzate insieme con spirito di tenacia alpina, di tante battaglie ed opere di pace, legate alla storia delle nostre popolazioni in momenti di tragica calamità, il ricordo di tante figure che oggi sono “andate avanti”, han fatto sentire vivo il desiderio e l’ambizione di essere a Gaiarine nella giornata di rievocazione delle loro origini, della loro storia.
Una giornata splendida che ha premiato il fervore di attività e di compostezza degli Alpini del gruppo.
L’incontro, svoltosi fin dall’inizio in un’atmosfera familiare e festosa ha avuto una sua valenza educativa gli Alpini hanno voluto ribadire la loro convinzione con il “Cippo Alpini per la pace”, e cioè pronti a dare la vita per la difesa dei confini della nazione, ma convinti assertori dei valori di solidarietà umana e di fratellanza.
La guerra è un male che prescinde dalla volontà degli uomini, e come tali gli Alpini hanno saputo e saprebbero rispondere al richiamo; ma nulla vieta loro di dimostrare, oggi, con i fatti che la pace si costruisce giorno dopo giorno, momento per momento, accorrendo dove qualcuno ha bisogno di aiuto.
Non a caso ovunque gli Alpini appaiono sono accolti da manifestazioni gioiose, non a caso le loro adunate sono diventate un avvenimento seguito dall’intero paese.
La manifestazione ha avuto inizio il sabato precedente con una rassegna corale a cui hanno partecipato il “Coro S. Tommaso”, diretto dal m° Battista Pradal, che ha aperto la serata.
Sono seguite le esibizioni del Coro della Brigata Cadore, diretta dal magg. don Sandro Capraro, composto da giovani leve stupendamente brave ed impeccabili nel comportamento e nella divisa; anche se per la quasi totalità prive di precedenti esperienze corali e che il frequente avvicendamento obbliga continuamente il coro a dover rimpiazzare i coristi che vanno in congedo.
Chiudeva la serata il “Corocastel” diretto da Diego Tomasi, che non aveva certo bisogno di eccessiva presentazione.
Fatto sta che attraverso le armonie e la bravura dei cantori si è potuto sentire e rivivere un pezzo di storia della nostra gente: dal soldato solo e lontano dai suoi cari e dalle nostalgiche fantasie popolari, alle dolci canzoni d’amore per la donna amata che ricambia o tradisce.
Durante le esecuzioni c'è stato un seguito di ovazioni ed un crescente di applausi a sottolineare la bravura dei complessi che ha mandato in delirio il numerosissimo pubblico, non solo per la vibrante esecuzione del classico ed emblematico “trentatrè” ma anche per la simbolica fusione di civili e militari.
Tutto questo non era il “più” delle cerimonie celebrative: questo “più” ebbe luogo domenica 29 marzo.
Alle 9,15, infatti, si muoveva da piazza S. Tommaso la Fanfara della Brigata Alpina Cadore che destava i gaiarinesi, ancora assonnati dai cambio d’orario, facendo percorrere loro brividi di emozione durante il passaggio.
In piazza Vittorio Emanuele, stipata da Alpini e gente comune, ed in simultanea presso la sede, avveniva l’alzabandiera al suono dell’inno di Mameli.
Al termine, composizione del corteo nello spiazzo antecedente la sede e, sempre aperta dalla Fanfara e dalle autorità, la prima frazione di sfilata che ci riportava in piazza.
Al Monumento ai Caduti, tra il commosso e rispettoso silenzio degli astanti, la deposizione della corona con il “silenzio fuori ordinanza”.
Dio sa quanti ricordi ha evocato e, con evidenza, fatto tremare labbra e cuori. Il colpo d’occhio che offriva la piazza, con i 60 gagliardetti che le facevano cornice sui gradoni, era di una indicibile spettacolarità. Poi, nella stessa, la S. Messa dove il celebrante nell’omelia ha dimostrato di... saperla lunga.
Al termine, mentre le autorità si portavano sul palco lungo il vialone, la ricomposizione del corteo e la sfilata.
Preceduti dalla Fanfara, che si posizionava di fronte al palco, e tra un’ala di folla plaudente ad ogni presentazione dello speaker, iniziarono a sfilare:
Il Gonfalone cittadino ed il Vessillo sezionale, scortato dal vice presidente Bozzoli e dal consigliere Grando, ove facevano bella mostra le quattro medaglie d’oro al v.m. di Bortolotto, Dorigo, Maset e Spellanzon; nonché quella al v.c. per l’opera prestata dall’A.N.A. in Friuli in occasione dell’immane tragedia che l’aveva sconvolto nel maggio del ‘76. Quindi le varie rappresentanze d’associazione con i loro presidenti:
La Protezione Civile con Roberto Pagliai; la Croce Rossa con Giuseppe Rosolen; I’A.I.D.O. con Ezio Padovan; l’A.V.I.S. con Desiderio Dalla Francesca; i Mutilati ed Invalidi con Quirino Bortolussi; gli ex Internati con Giuseppe Moras; l’Arma Aeronautica con Mosè Zaccariotto; gli Artiglieri con Gino Cuch, i Fanti piumati con Beniamino Pessotto; ed ancora Roberto Pagliai con i Carabinieri; per finire con Cesare Busetto dell’Ass. Genio Trasmettitori.
Preceduti dai Vessilli delle sezioni di Pordenone e Vittorio Veneto i Gagliardetti, le Fiamme Verdi dei 29 gruppi della sezione a cui erano frammisti quelli delle sezioni di Pordenone, Treviso e Vittorio Veneto; e poi gli Alpini, tanti, veci e bocie, in rappresentanza dei nostri 4.700 associati; quindi, staccati con il Gagliardetto e capogruppo in testa, i molti Alpini di Gaiarine. La bella sfilata per le vie di Gaiarine imbandierata, l’accoglienza festosa ed affettuosa della gente, quegli scroscianti generosi applausi, quel “viva gli Alpini” costantemente gridato al loro passaggio, commoveva ed appassionava. Ma perchè sempre tanto entusiasmo per gli Alpini? Le glorie passate, le imprese di guerra su tutti i fronti sono cose ormai lontane; sono passati cinquant'anni di pace, eppure questo entusiasmo resiste! Vuoi forse dire che l’Alpino oggi è sempre lo stesso: buono, onesto e generoso, pronto ad aiutare il prossimo in difficoltà, a portare fiducia e amore. E eco perchè la gente ama gli Alpini; è un riconoscimento alla loro serietà ma anche al malcostume di oggi che invade tutta la vita italiana, in ogni campo, in ogni grado; è uno sfogo della gente che può finalmente ammirare e stimare chi porta con amore
Tricolore, unica nostra bandiera, ed allora, convinta e riconoscente, grida il suo evviva agli Alpini. Scusate se mi son fatto trascinare dalla ridda del sentimentalismo!
Giunti in piazza S. Tommaso, in un area messa a disposizione dal comune, e seguendo le orme di quanto fatto dalla nostra sezione questo gruppo, nel suo piccolo, ha voluto costruirsi un proprio monumento spirituale: la nuova sede ed il Cippo “Alpini per la Pace” che, al suono della Fanfara ed al sorvolare di quattro aerei, è stato scoperto accompagnato da consenzienti e fragorosi applausi. Nel saluto d’apertura il capo- gruppo Gildo Trivellato ringraziava quanti che con tante ore di lavoro silenzioso hanno contribuito alla costruzione della nuova sede, ringraziamento che ha esteso all’amministrazione comunale per essergli stata vicina nella sua realizzazione. Un ricordo ed un ringraziamento lo ha rivolto ai soci alpini fondatori del gruppo, all’alpino più anziano Doro Rover, ed ai capigruppo che l’hanno preceduto nell’incarico. Terminava ringraziando chi, con mezzi ed opere, ha contribuito alla riuscita della manifestazione nonché alle organizzazioni fornitrici di servizi ed assistenza. Un grazie infine a tutti i convenuti che con la loro massiccia presenza hanno testimoniato e riconosciuto il loro impegno. Breve e significativo anche l’intervento del sindaco. geom. Vittorino Fantuz, che esaltando la validità dell’operato e dei principi sui quali si regge la nostra associazione, ha enunciato le opere fatte dall’amministrazione da lui retta e porto l’invito agli Alpini di visitare la scuola con la mostra dei lavori e disegni che gli alunni hanno fatto interpretando a loro modo gli avvenimenti che hanno caratterizzato la vita alpina. Nell’allocuzione ufficiale il presidente della sezione, enot. Luigino Basso, così si è espresso:
- “Bravi alpini di Gaiarine: siamo oggi qui riuniti assieme alle autorità politiche, civili, militari e religiose per inaugurare la vostra nuova sede. E questo un avvenimento fondamentale per la vita di un gruppo: la sede infatti è il vero punto di riferimento, il cuore vivo e pulsante della vita associativa. Un plauso sincero va dunque a tutti gli alpini di Gaiarine e al capo gruppo Gildo Trivellato che con un impegno costante e caparbio sono riusciti a realizzare una casa dove ritrovarsi uniti, in comunione di programmi e di spirito. Ma ricordiamo anche, assieme al capo gruppo attuale, i suoi predecessori Giovanni Bertagna ed il giudice Costantino Cavarzerani che con altrettanta generosa disponibilità hanno tracciato il cammino. Il mio augurio è che questa sede continui ad essere luogo di incontri in serena amicizia, centro culturale e scuola di quelli ideali di solidarietà e impegno sociale nei quali, noi alpini, veniamo riconosciuti sia in Italia che all’estero.
Che la sede, soprattutto, sia sempre degna del grande nome che essa porta, nel ricordo di un vero alpino e uomo quale è stato Giulio Bedeschi.
Traggo spunto dal cippo inaugurato nell’odierna manifestazione che collega gli alpini con la pace, per ricordare a tutti come un’altro grande impegno ci attende a livello nazionale nella direzione della solidarietà. Si tratta della costruzione a Rossosch di un asilo peri bambini russi, la cui inaugurazione del prossimo anno celebrerà i 50 anni della battaglia di Nikolajewka. Per realizzare l’opera l’associazione nazionale alpini richiede l’impegno di noi tutti, in uomini, materiali e mezzi. Come sezione la nostra partecipazione sarà generosa: contiamo infatti sull’apporta importante del consigliere nazionale Lino Chies per l’avvio dei lavori, della disponibilità di parecchi alpini, già prenotatisi per i turni di lavoro nel cantiere stesso, e di alcuni consistenti contributi privati, fra cui fin d’ora segnalo quelli della Mareno Cucine, della Fabbian Lampadari e della S. Benedetto, che forniranno gratuitamente le apparecchiature per le cucine e l’arredamento dell’asilo, particolarmente importante, in questo momento storico travagliato, è la nostra funzione di uomini di pace. La ristrutturazione dell’esercito in cantiere ormai da tempo non deve dimenticare questo ruolo sociale degli alpini: la nostra presenza come “soldati locali” da fiducia e sicurezza alla popolazione di montagna, e d’altra parte la nostra associazione è una forza viva calata nella quotidiana realtà civile. In questo giorno che ci vede qui riuniti veci, bocia e cittadini a festeggiare la realizzazione di un'opera frutto di duro impegno, il mio appello va dunque agli uomini politici perchè sappiano riconoscere che la nostra associazione, sgobba per dare a tutti una mano e sappiano camminare assieme a noi sulla strada dell’ordine, della tradizione della storia. Di fronte a questo cippo, che per noi alpini simboleggia le montagne, risorgono vivi quei valori di onestà e senso del dovere per i quali hanno lottato i nostri caduti: questi sentimenti, nostre bandiere a1pine facciano oggi diga al dilagare del disordine e ci diano la forza di credere in una patria unita e democratica. Viva gli alpini” —.
Il presidente della sezione di Pordenone, Giovanni Gasparet, nel suo breve discorso si è soffermato sui trascorsi del gruppo, nato nella sua sezione, e sulla forza di proiezione del gruppo stesso. Ha fatto seguito la benedizione della nuova sede dedicata a Giulio Bedeschi, indimenticabile autore di “centomila gavette di ghiaccio”, ed il taglio del nastro da parte della Sua gentile consorte signora Luisa. Durante il lauto “rancio”, che ha visto la partecipazione di circa 700 persone, un’ovazione ed un caloroso applauso. accoglieva il presidente nazionale dott. Leonardo Caprioli, proveniente dalla manifestazione di Muris, che così si esprimeva ai commensali:
- "Mi auguro di non interrompere la masticazione di alcuni di voi. Vi porto il saluto affettuoso e cordiale dei 350.000 alpini iscritti all’associazione,’ vi porto il mio saluto personale e voglio dire al capogruppo della mia grande gioia, della mia soddisfazione per questa cerimonia con la quale avete ricordato un uomo non grande, ma grandissimo. Io ho avuto la fortuna di conoscerlo, di stare con lui, e con Luisa la moglie, in tanti momenti, e in questi momenti io in Bedeschi ho potuto apprezzare tutte le doti che si possono ritenere insite in un uomo. Non ho mai sentito una parola di odio, di rimprovero, di contestazione in lui.
Più che parlare dei suoi artiglieri, dei suoi alpini; più che parlare di pace, di amore reciproco, di volersi bene, ecco Giulio non era capace d’altro.
Lo abbiamo apprezzato nei libri che ha scritto nei quali ha voluto portare la testimonianza sua e di tutti quelli che con lui hanno vissuto determinate tragedie. Ha voluto parlare agli alpini ma soprattutto ai ragazzi; voi sapete tutti che il suo libro “100.000 gavette di ghiaccio” è stato proposto come testo obbligatorio in parecchie scuole medie, ed io mi auguro che questi ragazzi abbiano sentito quello che Giulio, soltanto lui era capace dircelo in quella maniera, ha voluto dirci attraverso le righe di quei libri e penso, anche se purtroppo magari io sia un illuso, che di questi ragazzi non ce ne saranno molti in un domani che di fronte alla vergogna, permettetemi di chiamarla così della legge per l’obiezione di coscienza possano accettare questa squallida proposta.
Perchè non si tratta di valutare se uno voglia fare veramente l’obiettore; io ho conosciuto degli obiettori erano là in una sala di Torino dove stavo portando una certa somma. Sapete tutti che io vi tolgo prepotentemente dalle vostre tasche una somma tutti gli anni, poi ogni tanto aumento la quota associativa, voi brontolate e poi mi dite sempre di si, ed io ve ne sono immensamente grato.
Io vi tolgo qualche soldino e poi li porto a qualche istituto, a qualche associazione, a qualcuno che fa del bene.
Ecco, io ne ho conosciuto alcuni, ed a questi ragazzi, che sono dei ragazzi meravigliosi, io levo tanto di cappello.
Però a quegli altri che vanno a fare i bibliotecari nelle varie parrocchie, che vanno a rimpinguare le casse di determinate associazioni, è meglio che non dica di chi, perchè ho osato dirlo una quindicina di giorni fa e sono stato attaccato su di un giornale dicendomene di tutti i colori.
Di tutto questo a me non importa nulla perchè ho 350 mila alpini, 700 mila braccia che un domani se mi vogliono buttare a terra mi tireranno in aria un’altra volta.
Ecco, io di fronte a questa legge che prevede la scelta se fare o meno il servizio militare mi dissocio, indipendentemente dai problemi di coscienza che ognuno di noi può avere.
Fino a pochi giorni fa io mi vantavo con gli amici che conoscevo, ma soprattutto con gli alpini dell’associazione di cui sono presidente, che cinque mesi fa mio figlio ha terminato il servizio militare come sottotenente nello stesso battaglione, nella stessa compagnia dove io ho fatto la campagna di Russia; non chiedetemi come ho fatto a mandarcelo perché mi mettereste in imbarazzo, io ho detto a quel signore, che è il Ministro della Difesa, che d’ora in avanti, visto che questa legge prevede che potranno scegliere di fare o non fare il servizio militare tutti meno i delinquenti, i drogati, quelli che hanno la fedina sporca ecc. ecc., che d’ora in avanti mi sarei vergognato di mio figlio d'aver fatto l’alpino, il soldato. Me ne ha detto di tutti i colori, però almeno ho avuto l’onesta di dirglielo di fronte a tutti.
Non come ha fatto un altro signore che quindici giorni dopo, alle mie osservazioni fatte un po’ alla bergamasca, voi i bergamaschi li conoscete bene. sono un po’ duri, un po’ craponi: alle mie osservazioni su quanto un signore che ha una notevole carica nel campo ecclesiastico e che ha definito che voi tutti quali siete i peggiori (perchè secondo lui i migliori sono quelli che fanno gli obiettori) io continuo a dirlo e l'ho detto due ore fa a Muris, di essermi sforzato di vedere tra di voi qualche faccia brutta di delinquente. Ma avete la faccia più bella dei mondo! Ma come faccio a dire che voi siete i peggiori???
Ed ora proprio a dimostrare a questa gente che gli alpini tirano delle spaventose "miserie": io le chiamo miserie ma sono delle bestemmiacce; io mi ricordo le bestemmie di voi veneti quando eravate sotto la naja, eravate al secondoposto perché vi precedevano solo i toscani; per dimostrare appunto ad un tizio che in un giornale di Biella mi ha definito un guerrafondaio e non so cos'altro, gli ho risposto che i mie alpini, visto che siamo dei guerrafondai, hanno di nuovo impugnato le armi a Biella stanno finendo di sistemare una cascina per un handicappato e io, che sono un po' matto, ho l'appoggio di Giulio, e so che Giulio mi avrebbe abbracciato e detto: — "Nando fai bene così, vai avanti, tieni duro" — Io vado a Rossosch dove c’era il comando del corpo d'armata alpino, vado a costruire un asilo e fra quindici giorni partono i primi volontari. Però scusatemi, non è che sia venuto per fare il questuante, ho bisogno della vostra amicizia, ho bisogno del vostro aiuto, ho bisogno che gli alpini dicano che Caprioli è un matto, però ha ragione, diamo gli una mano. Dimostriamo a tutta questa gente che sta distruggendo l’esercito, e che sta distruggendo l'Italia, che gli alpini sono ancora capaci di dire una parola di solidarietà, una parola di pace: una parola di amore proprio là in quel posto dove noi siamo andati a portare la guerra e dove la popolazione però ci ricorda ancora per quelle grandi doti di umanità, per quelle grandi doti di bontà che i nostri soldati gli alpini, i bersaglieri, i fanti, i carabinieri: tutti quanti hanno saputo esprimere quando con amore hanno indossato la divisa e non se ne sono vergognati. Ed ora io devo ringraziarvi ancora perchè avete voluto ricordare quel mio grandissimo amico, e non posso pensare che Giulio non c’e più), lui è sempre con me e in mezzo a tutti noi, con la sua fede, con il suo amore, con i suoi libri, con tutto quello che ha saputo dirci. Ed a Luisa dico: — “Lotta, noi quell’asilo di Rossosch, lo costruiremo anche nel ricordo del tuo Giulio". Grazie —.
Un’interminabile applauso accoglieva queste ultime parole del Presidente. A questo punto non poteva esimersi di parlare il prof. Vallomy, nostro presidente onorario.
— “Caro Caprioli, mi ero proposto di non parlare, anche per non disturbare l'assemblea per i discorsi sentiti stamane; ma di fronte alle commoventi parole, di fronte all’intervento del nostro presidente nazionale che ha voluto onorarci della sua presenza non posso esimermi dal dire due parole di ringraziamento, non solo, ma di manifestare il mio consenso incondizionato riguardo alle considerazioni che ha fatto per i cosiddetti obiettori di coscienza. Quelli che hanno combattuto sul Carso e dove è morto un mio fratello Germano non facevano gli obiettori di coscienza, neanche a Novara, dove è morto, mio bisnonno ha fatto l'obiettore di coscienza, perchè noi avevano la tradizione di difendere la patria. Bravo Caprioli, siamo in linea con l’unità d’Italia che noi dobbiamo difendere. Ti ringraziamo dell’ossigeno che hai dato a noi in questo momento di disorientamento torbido e talvolta malvagio. Di fronte a certi propositi di disgregazione dei nostro caro paese che e costato tante vittime per conquistare l’umiltà, noi non vogliamo diventare degli jugoslavi, l’unità d’Italia la dobbiamo difendere e gli alpini sono qua, ce lo ha detto il nostro presidente, noi accettiamo le tue esortazioni e faremo di tutto per essere degni della nostra tradizione. Grazie Caprioli."
Il presidente Caprioli nel donare al capogruppo di Gaiarine in ricordo di questa sua visita, una targa che riproduce un alpino nella tormenta, conclude:
— “Ecco, ogni tanto se vi capita di guardarla ricordatevi di me, vogliatemi bene, perchè ne ho tanto bisogno. Tanto per chiudere brevemente, perchè ho tanti chilometri da fare, sentivo lo speaker che ringraziava i quattro piloti degli aerei che hanno sorvolato la vostra manifestazione, lui ha parlato di velivoli ed ora io vi racconterò un aneddoto sui paracadutisti: — Tanto per dimostrarvi che gli alpini non sono degli sciocchi, stamattina a Muris ho incontrato due alpini che han fatto il servizio nei paracadutisti e ho fatto a loro la solita stupida domanda: Cosa avete provato quando vi siete buttati la prima volta? “La prima volta quasi niente” risposero — è stata la seconda che è stata... dura!
“Grazie ed un abbraccio a tutti” e usciva dal salone acclamato a viva voce dalla folla plaudente ed al suono della Fanfara Alpina che lo accompagnava alla vettura.
Da queste righe il capogruppo desidera ringraziare tutti quelli che hanno sentito il dovere di sfilare per onorare il nome di Giulio Bedeschi; un grazie al Coro ed alla Fanfara della Brigata Cadore ed alla Fanfara Alpina; agli addetti al servizio ed alle forze dell’ordine; alla gente di Gaiarine, e non, che al nostro passaggio hanno proferito parole lusinghiere; a tutte le autorità ed a chi si è alternato nei discorsi; al presidente Caprioli ed alla gentile signora Luisa; agli alfieri della nostra sezione ed a quelli delle sezioni consorelle, Un grazie a tutti!
- " Se qualcuno parla ancora di spirito militarista di fronte a queste manifestazioni — scriveva Silvia Amprino su ‘"scarpone valsusino" - dovrebbe frequentane, immergersi in esse per poter capire quanto esse siano fatte nel segno della pace, della solidarietà, pur nel rimpianto dei caduti e per gli amici alpini che sono "andati avanti" ma rinnovano ogni volta l’impegno a proseguire insieme, a lavorare, a costruire ed aiutare chi venga a trovarsi in difficoltà” -.
Grazie amici Alpini di Gaiarine, in questo magnifico giorno si è rinnovato ancora una volta il miracolo: dopo l’allegria è subentrata la composta serietà, e perchè no, anche la commozione. Grazie per tutto quello che ci avete dato, è stata una giornata indimenticabile.

Steno Bellotto