GRUPPO GAIARINE


Febbraio 1973

FESTA ALPINA A GAIARINE

Domenica 27 agosto, il Gruppo di Gaiarine ha festeggiato il CENTENARIO DELLE TRUPPE ALPINE e il suo inserimento nella Sezione di Conegliano.
Si pensava che essendo l’epoca poco propizia, dato il periodo delle ferie, fosse ridotta in modo sensibile la partecipazione di alpini e cittadinanza, invece l’afflusso è stato veramente numeroso, tanto da dare la dovuta soddisfazione, al Capo Gruppo Bertagna ed ai suoi validi, attivi e valenti collaboratori.
Le strade imbandierate e con striscioni inneggianti agli alpini ed al nostro elevato senso patriottico, hanno dato il meritato benvenuto agli intervenuti.
Erano presenti: il Vice Presidente la Sezione ten. col. Piasenti in sostituzione del Presidente Comm. Curto assente per ragioni familiari, il labaro scortato dall’immancabile Medaglia d’Argento Battistuzzi, il Colonnello Comandante il Gruppo Missili di Codognè attorniato da parecchi suoi Ufficiali, sottufficiali e soldati, il Maresciallo dei Carabinieri Com.te la Stazione, la rappresentanza dell’Amministrazione Comunale col Gonfalone del Comune, i labari delle Associazioni Nazionali dei Bersaglieri, Artiglieri, Carabinieri, della Sezione Alpini di Vittorio Veneto, del Genio pionieri, e dei Donatori di Sangue di Gaiarine e Campomolino. Dei nostri Gruppi erano presenti i gagliardetti di: Gaiarine, S. Vendemmiano, Pianzano, S. Fior, Conegliano, Cordignano, Barbisano, Pieve di Soligo, Falzè, Ogliano, S. Lucia, Vazzola, Mareno, Fontanelle, Corbanese, Collalto, Refrontolo, Godega-Bibano, Solighetto, Orsago, Parè, Collalbrigo, Pasiano di Pordenone, Brugnera, Sacile.
Dopo l’ammassamento nella grande piazza del paese, il corteo si è portato nel piazzale della Chiesa, dove sull’altare all’aperto, è stato celebrato il rito religioso. Ultimata la Messa celebrata dal Capitano Cappellano Don Paolo Balzan, il corteo riformatosi si è recato nella piazza del municipio per il doveroso e devoto omaggio ai Caduti, con deposizione di una corona d’alloro e per ascoltare il discorso celebrativo che è stato tenuto dal Ten. Col. Piasenti, Vice Presidente, che di queste manifestazioni ne è l’animatore.
Egli così si espresse:
Signori, amici alpini,
diceva una vecchia massima: «Per quanti anni tu abbia, in un angolo del cuore hai sempre vent’anni.
E mai mi sono sentito il cuore ventenne, come in questo anno che commemora il Centenario delle Penne Nere, come in questo giorno che mi trovo in mezzo agli alpini di Gaiarine ed agli amici degli altri Gruppi qui convenuti per questa cerimonia.
E come fa il cuore non avere vent’anni, quando vede e sente la forza giovanile che sprigiona da questi uomini, l’entusiasmo giovanile, lo spirito giovanile di questi nostri figli della montagna anche se avanti negli anni, di questi nostri valorosi ed eroici combattenti - che pur mugugnando come loro consuetudine - hanno dato ieri, danno oggi e daranno domani, se l’Italia ne avrà bisogno, il loro contributo di sofferenze e di sangue perchè non venga mai meno l’onore del Tricolore e della Patria?
Ricordo l’iscrizione che è riportata in un monumento alpino a Verona:
«Alle Aquile del 6° Alpini - che le penne insanguinarono su tutte le cime a prova di ferro - tormenta - valanghe - per un più libero volo».
Questa iscrizione che si addice a tutti i Reggimenti ed a tutti i Reparti alpini, è una sintesi di quello che hanno saputo dare in ogni posto e in ogni luogo le penne nere per un libero volo di libertà, di pace, di giustizia, di onore, di fraternità, di amore.
Libertà! parola meravigliosa che sempre sognammo e che costò sacrifici immani, ma che ora poco valore ha in una società dove vige e impera l’egoismo, la corruzione, la contestazione, la camorra, l’arraffamento più vergognoso che non si è più in grado di frenare.
Perfino i valori morali più santi, il rispetto dei Caduti, la deferenza verso i Mutilati, gli invalidi e decorati viene meno; il dovere di difendere il sacro suolo della patria viene deriso e si formano addirittura cortei di obiettori, per oltraggiare ed offendere chi ancora sente vivo e palpitante quel sentimento che la Costituzione italiana riporta come sacro dovere del cittadino, ma che le supreme autorità non hanno più la forza di far rispettare.
In tutto questo marasma politico, morale, economico, c’è però ancora una forza sana, pulita, pura: le Associazioni combattentistiche e d’arma e tra esse i nostri alpini.
Ecco perchè il Gruppo Alpini di Gaiarine ha voluto inserirsi con questa sua cerimonia nelle manifestazioni del centenario, per dire anche lui la sua parola di pace, e dare anche lui la dimostrazione della sua volontà e della sua fede negli atti ideali della Patria e della effettiva partecipazione dei suoi aderenti ai sentimenti di libertà e prosperità dell’Italia a compendio dell’esaltazione delle glorie alpine.
Ricorre quest’anno per il Gruppo di Gaiarine, il 25° anno della sua costituzione, venticinque anni di vita, di attività, di amore fraterno, di cameratismo, venticinque anni di dedizione ai sacri valori morali del popolo italiano. Ben altra e più degna persona dovrebbe in questo momento essere al mio posto, intendo riferirmi al Dott. Scaramuzza Presidente della Sezione di Pordenone, poiché il Gruppo di Gaiarine è nato in seno a quella Sezione. Solo da un anno circa è passato, trovandosi in provincia di Treviso, alle dipendenze della Sezione di Conegliano. E quando fu chiesto a Pordenone il nulla-osta per tale passaggio, il Dott. Scaramuzza ha risposto con una frase che non scorderò: «La volontà del Gruppo è sovrana».
E’ una frase che il Dott. Scaramuzza ha detto con la spontaneità del suo cuore generoso per la comprensione delle necessità altrui, con il suo spirito di vero alpino, ma che dovrebbe essere divulgata, riportata e incisa in tutti i cuori perchè rappresenta l’espressione della vera democrazia, della onesta e sincera democrazia. Tre parole chiare, dettate dal suo animo di vero italiano, tre parole che dicono l’amore e il rispetto delle decisioni altrui, tre parole che servono a conservare e cementare la stima e l’affetto per tutto ciò che è alpino. Quanti dovrebbero prendere esempio da queste dimostrazioni di altruismo, invece di chiudersi nel loro egoismo e imporre le loro sballate ideologie che si compendiano poi in un interesse personale.
Signori, Alpini!
Molte volte si è sentito dire con allarmismo: ma che vogliono questi alpini con le loro imponenti adunate nazionali, con le loro sfilate nei paesi, con le loro tradizionali cerimonie in tutte le borgate d’Italia. Non si preoccupi la gente che ci vuol male, e ce n’è parecchia!
Gli alpini non hanno parate o sfilate minacciose; gli alpini non anelano o aspirano a seggiolini o careghini più o meno remunerativi, gli alpini non ambiscono a posti di supremazia o di comando; gli alpini vogliono una cosa sola, sacrosanta, inviolabile ed inalienabile: il rispetto di tutto ciò che è caro al cuore dei veri italiani, il rispetto della dignità di un popolo che ha migliaia di anni di storia, il rispetto delle tradizioni, delle glorie, dei Caduti, ma soprattutto quello che tanti hanno ormai dimenticato: il rispetto dell’onore del soldato, il rispetto dell’Autorità dello Stato, il rispetto alla dignità della Patria.
Finalmente «PATRIA» diceva piangendo la gente di Brescia, di Cuneo, di Milano ed altre città, quando hanno visto arrivare per le nostre sfilate, le Bandiere di guerra dei nostri Reggimenti Alpini. Il sentimento patrio non è sparito dunque dal cuore degli italiani, è solamente sopito, ma gli italiani veri non hanno dimenticato questa maestosa, immensa, entusiasmante parola «PATRIA». E noi alpini non l’abbiamo dimenticata.
Nelle nostre file abbiamo aderenti e simpatizzanti di tutti i partiti, ma quando abbiamo in testa il nostro logoro, vecchio, ma onorato cappello alpino, parliamo una sola lingua: Italia - Patria. E allora cosa siamo? Siamo alpini e basta. Diceva Leonida Fazi su «IL TEMPO»: Gli alpini si schiaffano in testa la penna nera sul cappello e marciano col passo che sa di montagna, di vette, di roccie, di ghiacciai, di nevai, di abetaie, di torrenti, di purezza insomma e magari ci piazzano uno di quei canti alla loro maniera. E così spazzano via dal cuore del popolo, tutto il sudiciume incrostato e il popolo, guardandoli e ascoltandoli, si rimette ad amare la Patria, cioè se stesso. Pertanto, danno fastidio. Questo diceva: danno fastidio. E lo sappiamo che diamo fastidio per la nostra forza immensa, per la nostra compattezza e coesione.
Ma se qualcuno cerca di offenderci denigrando le nostre tradizioni, le nostre glorie, i nostri Monumenti, i nostri Caduti, ricordi che la natura ha dato all’alpino mani solide che sanno afferrare lo spuntone roccioso, mani forti che sanno stringere la fune che lo sorregge sull’abisso, mani incallite dal lavoro e Dio non voglia che vengano usate contro gli stupratori della morale. La pazienza e la sopportazione ha un limite in ogni cosa.
In Eritrea ci hanno chiamati «ELEFANTI BIANCHI» per l’enorme zaino che portavamo con disinvoltura; in Etiopia a Passo Mecan li definirono «Gli UOMINI ROCCIA»; nella guerra 1915- 1918 il nemico ammirato non poté fare a meno di esclamare: «Giù il cappello davanti agli alpini»; e infine sul fronte russo il Comando Supremo di quell’esercito affermò che «soltanto il Corpo d’Armata Alpino deve ritenersi imbattuto in terra di Russia».
Nasce quindi spontanea la domanda:
«Ma chi sono questi alpini che in cento anni di vita si sono inseriti validamente nella vita nazionale? Gli alpini sono l’espressione più viva e completa del montanaro, del montanaro soldato perchè la sua vita è una lotta continua con le asprezze del terreno e del clima, con le distanze, con le altezze, con i disagi che lo costringono ad «arrangiarsi». E quando pianta l’ambita penna nera sul cappello alpino per servire la Patria in pace e in guerra è già preparato spiritualmente e fisicamente ai compiti che gli vengono affidati.
ALPINI!
Domenica prossima Conegliano festeggerà il centenario con due giornate di cerimonie; settembre ci vedrà ancora impegnati a Vicenza per la mostra dei cimeli storici, a Venezia per l’Europa della Naja alpina, in ottobre a Cison di Valmarino per l’inaugurazione del Bosco delle Penne Mozze, per chiudere il 15 ottobre ad Asiago l’anno del Centenario e tutto questo per essere partecipi con le truppe alpine, nei suoi cento anni di arduo dovere, nei suoi cento anni di dedizione e di onore militare, fedeli ai nostri principi di continuatori di una tradizione che ha cento anni di gloria.
In tutte queste nostre espressioni di esaltazione di amore per la Patria e delle nostre tradizioni alpine, deve erompere dal cuore il grido eterno della fede e della passione: «ITALIA».

Il discorso un po’ polemico, come è ormai sua consuetudine, ha riscosso vivissima approvazione e prolungati applausi.
Ultimata al cerimonia gli alpini si sono sparsi per il paese, in attesa del «rancio» portando ovunque quel tono di cordialità, serenità e allegria che è una nostra ormai acquisita prerogativa.
Caratteristico e degno di menzione, è stato il rancio consumato tipo naja (moderna). E qui dobbiamo porgere il vivo ringraziamento al Comandante il Gruppo Missili, che ha agevolato il servizio, prestando i vassoi del self-service della sua cucina truppa, nonché i suoi abili e svelti cucinieri.
La manifestazione che ha impegnato il Capo Gruppo ed i suoi baldi alpini è perfettamente riuscita e vada ad essi, con l’approvazione da parte della popolazione, il nostro compiacimento ed il nostro vivo elogio.
Con questa sua riuscitissima giornata, il Gruppo di Gaiarine si è inserito con volontà e con vigoroso impegno nella Vita associativa della nostra Sezione.

AL. PI