GRUPPO BIBANO GODEGA |
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San Bartolomeo 1996 Si apre il cantiere.
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Tra le tante iniziative intraprese dal Gruppo di Bibano-Godega, di cui andare
fieri in termini di impegno umano e economico, spicca principalmente il restauro
della chiesetta di San Bartolomeo. Un intervento durato circa 14 mesi di intenso
lavoro a cavallo degli anni 1996-1997, (ampiamente descritto nella specifica
pubblicazione "San Bartolmeo di Bibano" di Giorgio Visentin e Innocente Azzalini
(De Bastiani editore-2009).
Da quell'anno San Bartolomeo è considerata la chiesetta degli alpini dove
il Gruppo ogni anno commemora e ricorda turi gli amici andati avanti.
Dopo aver ottenuto le necessarie autorizzazioni comunali, il 22 giugno 1996
viene aperto il cantiere di lavoro per "il restauro e conservazione statica
della chiesetta di San Bartolomeo di notevole interesse storico-artistico ai
sensi artt. 1-4 della Legge 1 giugno 1939, n. 1089."
Come da accordi presi precedentemente con il parroco, don Battista Barbaresco,
l'onere economico e di manovalanza è a carico esclusivo del Gruppo alpini di
Bibano-Godega. L'arch. Francesco Peruch (progetto e direzione lavori), figlio di
un alpino prematuramente andato avanti, e l'ing. Vittorino Dal Cin (calcoli
statici), alpino egli stesso, offrono gratuitamente la loro professionalità.
Nella relazione tecnica si legge che "... si notano cedimenti delle
fondazioni del manufatto. Cedimenti che hanno provocato una spaccatura delle
strutture murarie ben visibile e riconoscibile osservando le crepe e fessure
presenti sulla costruzione ed evidenziate nei disegni di rilievo allegati. " Si
rende pertanto urgente un intervento per "realizzare delle sottofondazioni in
calcestruzzo in maniera tale da dare un adeguato sostegno alle murature
portanti".
Contemporaneamente si procederà alla "riparazione delle fessure e il recupero
statico delle murature esistenti mediante la tecnica dello scuci-cuci integrato,
ove necessario, con l'impiego di resine epossiche".
Per la struttura di copertura, causa le infiltrazioni d'acqua che ne hanno
infradiciato e indebolito le antiche travature, se ne prospetta la "completa
demolizione. Le nuove capriate in legno avranno sezione adeguata e sopra di esse
verranno posati gli arcarecci, le tavelle in cotto e il manto di copertura
formato dai coppi recuperati dal tetto esistente".
I lavori avranno due tipologie ben distinte:
a) opere inerenti il restauro della chiesetta;
b) opere relative al ripristino paesaggistico dell'area verde circostante e
dell'antica viabilità.
Per il recupero dell' edificio gli interventi prevedono:
- demolizione della tettoia-deposito attrezzi a ridosso della parete nord;
- formazione di nuova copertura lignea complessiva di 4 capriate, travature,
tavelle in cotto e manto di copertura in ceppi originali;
- formazione di cordolo perimetrale in gronda per consolidamento della struttura
degradata per appoggio di nuove capriate e ancoraggio tiranti in acciaio;
- scavo di assaggio lungo le fondazioni per verificarne la consistenza;
- ripresa parziale della muratura fessurata tramite scuci-cuci;
- assaggi per distacco intonaco interno al fine di verificare l'eventuale
presenza di antichi affreschi;
- ripresa di intonaci interni ed esterni;
- ripresa e stuccatura delle lastre di pietra del pavimento e delle soglie;
- ripristino delle due pile per l'acqua santa;
- restauro della pedana in pietra e mattoni dell' altare;
- restauro del paliotto dell'altare;
- realizzazione dei serramenti delle finestre (mancanti) e pulizia delle
inferriate;
- restauro delle porte lignee degli ingressi con particolare cura della formella
raffigurante il pellicano;
- restauro del campaniletto a vela. In merito alle opere da eseguirsi per il recupero dell' area esterna:
- taglio arbusti, piante, siepi e livellamento del terreno;
- bonifica dell' area da detriti, rifiuti e scorie d'ogni genere;
- realizzazione di una passerella di comunicazione con l'antica sede stradale.
Durante tali sondaggi preliminari, nell' esigua fascia di terreno tra la parete
sud e l'argine della peschiera si ritrovano i resti di alcune sepolture con
minuscoli frammenti di ossa: è tutto ciò che rimane del piccolo camposanto di
San Bartolomeo, probabilmente chiuso in età napoleonica.
Da questi primi interventi appare subito evidente che la situazione statica
della chiesetta è molto più compromessa di quanto le prime indagini avessero
esposto.
I volontari, comunque, non si fanno intimidire dalle difficoltà, si ritrovano
numerosi ogni sabato e domenica e lavorano alacremente. Dapprima viene roncata
dalle sterpaglie e ripulita dai laterizi l'area che attornia la chiesetta per
consentire l'ancoraggio delle impalcature concesse, sempre gratuitamente, dalla
ditta edile Adriano Gava, quindi si passa alla demolizione della tettoia
addossata alla parete nord e vengono spostati i grandi generatori di corrente
che alimentano l'azienda ittica di Giuseppe Brunetta (ex Sbrojavacca).
Dopo questi preliminari, il progetto prevede il consolidamento delle precarie
fondamenta della chiesetta mediante gabbie di calcestruzzo lungo il perimetro
esterno. La delicata operazione procede regolarmente quando la vistosa crepa che
tagliava diagonalmente la facciata s'apre improvvisamente e il vetusto muro di
sasso, indebolito da secoli di intemperie e scarse manutenzioni, si sbriciola
paurosamente. In un sinistro boato crollano le pareti dall'ingresso centrale
alla porta laterale, anche parte del tetto cede ma il danno viene
provvidenzialmente limitato dall'impalcatura alzata all'interno che ne sostiene
la capriate. Quando la coltre di polvere si posa ci si cerca, ci si conta ...
miracolosamente un solo ferito, Annibale De Nardi, già generoso volontario in
Friuli, procuratosi una ferita di striscio alla gamba e prontamente portato in
ospedale per le opportune cure. Dopo alcuni giorni di smarrimento che
attanagliava il cuore e traspariva negli sguardi dei volontari, sbigottiti ed
attoniti dalla disperazione, pronta è risuonata la carica nonostante il morale
fosse sotto i tacchi e attorno si fosse creato il vuoto. Di fronte a tale
disastro che sembrava irreparabile, infatti, per timore di assumersi oneri e
responsabilità molti si erano defilati in tutta fretta.
Un momento di pausa
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Non gli alpini, però! Non i veri amici di San Bortolo! Non il sindaco Giovanni
Pegolo! Nel sopralluogo fatto con i tecnici il giorno stesso del fattaccio, il
sindaco disse: "Avanti, ricostruite San Bartolomeo come e meglio di prima. lo vi
sarò vicino"
E gli alpini con in testa il capogruppo Giorgio Visentin, rincuorati,
accettarono la grande sfida, serrarono le fila e ripresero i lavori con ancor
più lena e slancio nonostante ora il compito si presentasse decisamente più
arduo, complesso, costoso.
Bussarono umilmente, in particolare Alfredo-Tiziano Gava e Gianni Dal Cin, a
tante porte in cerca di aiuti e mezzi, e le trovarono sempre aperte.
Così, approfittando del periodo estivo e di ferie i lavori procedettero
ininterrottamente e alacremente dall' alba al tramonto, dal lunedì alla domenica
compresa. Tutto l'edificio viene svuotato; si recuperano e si puliscono, uno ad
uno, i sassi delle mura per poi riutilizzarli; si asporta la copertura salvando
i coppi originali; si esaminano le capriate in legno per scartare quelle corrose
e marcite (ne resterà una sola, per le altre bisognerà provvedere); si
rinforzano l'abside e il campaniletto a vela rimasti in piedi.
Ed ecco la sorpresa: staccando dal muro il malmesso paliotto che contornava
l'altare, sotto alcuni centimetri di calce che s'era sbriciolata, sulla parete
nord del presbiterio emergono i segni cromatici di un affresco.
Viene quindi messa molta cura per non danneggiarlo in attesa di un futuro
intervento specialistico (il prezioso affresco cinquecentesco, forse di
Francesco da Milano o di Pellegrino da San Daniele, sarà poi restaurato dalla
dott. Alma Ortolan rivelando una bellissima "Madonna in trono con Santi" ed oggi
risplende nella sua brillante crornaticità). La pala dello Zompini, pittore
veneto del Settecento, viene invece adottata dal dott. Gianbattista Sbrojavacca
e, a sue spese, consegnata
al laboratorio del dotto Saviano Bellè, esperto restauratore di tele antiche,
per la pulitura e i necessari interventi conservativi. Al termine dei lavori, la
grande pala che ritrae San Bartolomeo a figura intera sarà collocata a coprire
la parete absidale, dietro l'altare. Contemporaneamente viene messo in risalto e
reso visibile, dietro una teca di vetro, il graffito su intonaco inerente
l'intervento effettuato nel 1756.
I muri di sasso, nel frattempo, sasso dopo sasso (gli stessi recuperati dal
crollo) e giorno dopo giorno, s'alzano nella loro imponenza e la struttura
originaria riprende forma. Ed è così che la vedono con sollievo, il 24 agosto
1996, i numerosi fedeli (e alcuni estranei mossi da morbosa curiosità) accorsi
per la consueta celebrazione della Messa all'aperto, nella ricorrenza del Santo.
Negli occhi dei presenti ora brilla una certezza: tutti sanno che la loro antica
e amata chiesetta, costruita dai loro antenati, rinascerà più bella di prima.
Quando, a settembre, le pareti raggiungono l'altezza originaria, tutt'intorno si
posa una corona metallica ideata, fatta e offerta dalla ditta locale Officine
Meccaniche Dal
Cin, su cui basare le cinque capriate (una sola originaria) con relativa
travatura, donate dalla ditta Fratelli Giovanni e Paolo Zarpellon, e il tetto
con i coppi antichi.
Dopo una breve pausa invernale, a febbraio, riprendono i lavori con rinnovato
slancio: ora che i frutti di fatiche e patemi si cominciano a vedere, che
l'agognato traguardo è vicino, l'entusiasmo cresce in tutti i volontari e
nell'intera comunità. Il termine è tassativo: la riconsegna di San Bartolmeo
ristrutturato alla parrocchia di Bibano è fissata per il 24 agosto 1997, nessuna
deroga o scusa, e l'impegno si intensifica. La chiesetta viene intonacata e
dipinta gratuitamente, esterno e interno, dalla ditta Edilgessi di
Bibano che mette a disposizione un'intera squadra di operai diretti dagli
esperti Angelo Attemandi e Itala Follegot. Tutti muri, precedentemente, erano
stati ripuliti dagli stessi operai mediante un certosino intervento manuale.
Tale operazione era stata condotta con metodo archeologico, senza perciò
provocare traumi meccanici all' antica struttura muraria rimasta in piedi. E
poi, con la tecnica a rinzaffo, si è continuato con la stesa della nuova
intonacatura composta da impasti di sabbie selezionate di varie granulo metri e
grassello di calce preparati dalla ditta specializzata in restauri
Brandolin-Dottor.
All'esterno, lungo tutto il perimetro murario, si posa un
acciottolato per proteggere le fondamenta dalle infiltrazione d'acqua; alle
finestre vengono collocate le inferriate originali; vengono sostituiti i portali
d'ingresso, grazie all'opera degli esperti falegnami Giuseppe e Bruno Dal Pietro
su cui sono collocate le antiche formelle lignee. Ognuna raffigura il pellicano,
simbolo paleocristiano dell'infinita bontà del Cristo. Secondo la credenza
popolare si dice che il grande uccello pescatore, in mancanza di cibo, nutra i
suoi piccoli affamati strappandosi la propria carne. In questa interpretazione
il pellicano, dunque, un chiaro simbolo eucaristico. Il rivestimento in legno
dipinto dell'altare viene mantenuto, così come il pavimento superiore di larghe
pietre squadrate sotto il quale, mediante due piccole vetrate illuminate, si può
vedere il basamento anteriore. Si sistema l'interno collocando l'acquasantiera
di pietra, si rimettono in sesto i vecchi banchi e si rifà completamento
l'impianto elettrico. Su diretto stanziamento economico dell'allora Presidente
della Provincia, il bibanese Luca Zaia, viene dato incarico alla dott. Alma
Ortolan di iniziare il certosino scoprimento dell'affresco che si nasconde sotto
tre centimetri di vecchio intonaco. Mentre si provvede agli ultimi ritocchi,
approfittando delle ferie d'agosto, la squadra dei volontari alpini procede a
pulire le rive e estirpare le alte piante palustri del vicino corso d'acqua, a
sistemare tutta l'area esterna con elementi decorativi e floreali.
Ora il colpo d'occhio è stupefacente e i cuori sono gonfi di commozione e di
meritato orgoglio.
Le fatiche, le preoccupazioni, le sofferenze, le angosce e i tanti patemi sono
dimenticati.
Per il capogruppo Giorgio Visentin e i suoi alpini è finalmente giunto il
momento delle soddisfazioni individuali e collettive: tutto è pronto, il 24
agosto 1997, data scelta
per la grande cerimonia d'inaugurazione.
GV