ADUNATE NAZIONALI
GENOVA 2001

GENOVA, 2001


Lo stemma della
Città di Genova

Lo stemma della 
Sezione Ana di Genova

Il manifesto è di Roberto Da Cevraia (Castions - PN): La lanterna, due fasci di luce tricolore, il cappello alpino, il mare e i monti: tutto questo per descrivere Genova e per rinsaldare i vincoli di fratellanza tra alpini e marinai.

Genova ci ha accolti gioiosa, pur se con tanti cantieri di lavoro aperti per l'imminente G8.

LE AIUOLE DEL G8
considerazioni in margine all’adunata

Non mi associo a quanto scritto sull’ultimo ALPINO nell’articolo o Genova, fiori e macerie. Parlando della nostra ultima adunata e della successiva devastazione provocata nella città dagli scontri contro il G8, vi si legge: “Impossibile non confrontare due diverse concezioni dei diritti e dei doveri, due contrapposti stili di vita, due mondi antitetici di solidarietà…”. Dico invece che proprio per questo il confronto è impossibile. Impossibile fare confronti tra una adunata di pace ed una manifestazione di guerra, tra una partecipazione svoltasi all’insegna della solidarietà e della fratellanza ed una caratterizzata dalla violenza e dall’odio.
Di comune le due manifestazioni avevano, e casualmente, solo la città della Lanterna. E qualcos’altro di cui ora vi dico.
Nel numero dell’ALPINO che precedeva l’adunata venivano, come sempre, date utili informazioni sulla città e delle raccomandazioni. Tra queste quella di non accamparsi nelle aiuole del G8. Si sa che in quei giorni Genova era un cantiere aperto. In vista dell’importate incontro a livello mondiale che si doveva tenere in luglio, la città veniva abbellita e rinnovata. Rientravano in questa operazione di maquillage anche numerosi giardini cittadini che venivano ridisegnati ed istoriati con composizioni floreali di grande effetto per dare, del capoluogo della Regione dei fiori, la miglior immagine possibile.
Giunto a Genova il venerdì, constatai con un certo disappunto che tali aiuole erano occupate da bivacchi alpini. In alcune, la sera, giravano addirittura suntuosissimi spiedi accanto ad enormi caljere con polenta fumante ed annessa cantina di damigiane al seguito già attrezzate per la mescita e chi ne ha più ne metta…
I soliti alpini, pensai, quelli per cui non esistono regole, quelli insensibili ad ogni tipo di raccomandazione e sollecitazione, quelli che le regole le snobbano e le modificano a piacimento. Quelli che del rispetto dell’ambiente possono anche farne una bandiera e che poi dell’ambiente hanno una quanto mai personalissima visione…
I soliti alpini…
Ma la domenica, nel ripercorrere la città dopo lo scioglimento della sfilata, potei notare come nelle stesse aiuole, liberate da tende e bivacchi, le coreografie floreali fossero tornate al loro originale splendore, pulite e curatissime, erba e fiori forse più rigogliosi di prima.
I soliti alpini.
Poi arrivò il G8…


Genova è stata una delle più belle adunate, dice chi di adunate ne ha fatte tante
I genovesi, a dispetto del luogo comune che li dipinge come burberi e mugugnoni, freddi e distaccati, prima hanno accettato di buon grado la pacifica invasione delle penne nere, poi hanno finito per rimanere coinvolti in maniera totale nella festa. Lo si è capito dal calore degli applausi e dalla commozione della gente lungo la sfilata e dall’affetto di cui ci siamo sentiti circondati. Un calore ed una partecipazione che, confessano i veci, non si trovano in tutte le adunate.
Da segnalare la grande prestazione della nostra fanfara la cui esibizione è stata impeccabile. Il tunnel naturale formato dai palazzi in cui si snodava la sfilata, creava le condizioni acustiche per una esibizione perfetta e di notevole potenza e compattezza. L’effetto di grande sonorità finiva per amplificare la suggestione creata dai brani da noi tanto amati, ed a farci ricordare che dietro ad ogni esibizione ci sono passione ed impegno, perizia e professionalità.
I complimenti a tutti i nostri musicisti.


Sfilare dietro alla nostra fanfara al passo delle solenni note del Trentatré o di quelle struggenti del Piave o Monte Grappa o di quelle festosissime di Le ragazze di Trieste, tra due ali di folla che applaude e lancia fiori: è sicuramente questo è il momento più bello della adunata.
Ebbene, ora vi dico cosa scrisse nell’opera Come vedo io il mondo uno dei più grandi personaggi della nostra epoca: “…disprezzo profondamente chi è felice di marciare nei ranghi e nelle formazioni al seguito di una fanfara: costui solo per errore ha ricevuto un cervello; un midollo spinale gli sarebbe più che sufficiente”.
Se questo l’avesse detto uno chiunque queste righe forse non le avrei mai lette. Si tratta invece di una figura grandiosa ed universalmente amata, un pensatore la cui fama di filosofo è oscurata da quella ancora più grande di matematico e fisico; un uomo cui la storia riconosce il merito della svolta politica che permise agli USA di impegnarsi definitivamente nella seconda guerra mondiale, determinandone così l’esito di cui sappiamo: un certo Albert Einstein.
Ogni qualvolta mi accingo alla sfilata trovandomi proprio dietro ad una fanfara questa frase mi entra nella testa, pesante, antipatica, pungente, ancora più pungente se penso di trovarmi in un identico contesto (… felice di marciare nei ranghi e nelle formazioni al seguito di una fanfara…).
Ma la rimando al mittente: «Caro Albert, ci sono fanfare e fanfare. Le fanfare cui ti riferivi tu erano quelle del Reich, quelle nella cui musica terrificante c’era già la guerra. Quella della mia fanfara è musica di pace. E quando le nostre fanfare suonano brani di guerra lo fanno per esorcizzarla nella forma più alta, perché fanno leva sulla memoria e sui sentimenti che accomunano tutti i popoli. Cordialmente».
Si, ci sono musiche e musiche, fanfare e fanfare.


Tempo fa è apparsa sul Corriere della Sera una lettera di Oriana Fallaci sugli attacchi terroristici dell’11 settembre. L’intervento ha provocato una specie di finimondo, creando reazioni ad ogni livello e dividendo in qualche modo l’Italia. Tutti, favorevoli e contrari, sono rimasti comunque colpiti dall’orgoglio nazionale di cui l’articolo era permeato. Vi si legge infatti, fra l’altro:
…forse non so immaginare un Paese più patriottico dell'America. Ah! Io mi son tanto commossa a vedere quegli operai che stringendo il pugno e sventolando la bandiera ruggivano Iuessè-Iuessè-Iuessè, senza che nessuno glielo ordinasse. E ho provato una specie di umiliazione. Perché gli operai italiani che sventolano il tricolore e ruggiscono Italia-Italia io non li so immaginare… …oggi la bandiera italiana la vedi soltanto alle Olimpiadi se per caso vinci una medaglia. Peggio: la vedi soltanto negli stadi, quando c'è una partita internazionale di calcio. Unica occasione, peraltro, in cui riesci a udire il grido Italia-Italia”.
Se penso al mare di bandiere che sventolavano a Genova ed al tripudio di tricolori che accompagnano tutte le adunate e tutte le manifestazioni alpine, allora la conclusione è ancora una volta la stessa: anche la Fallaci non conosce gli Alpini.


La prossima adunata si svolgerà a Catania: e tutti ci siamo chiesti perché. Perché in una città così lontana, con uno stretto da superare, e quindi difficile da raggiungere; con il rischio che sulla manifestazione pesi la mancanza dei grandi numeri che da sempre la caratterizzano, con tutto ciò che ne consegue. Abituati da tanto tempo a spostarci nella comoda viabilità della pianura Padana, a tanti di noi tale scelta è parsa incomprensibile.
La risposta ai tanti perché di questa scelta difficile ed impegnativa del CDN è scritta chiarissima nell’ultima edizione dell’ALPINO: “E’ stata una decisione che si inquadra perfettamente nello spirito della nostra associazione, per l’attenzione che viene rivolta al 4° raggruppamento di Sezioni, che comprende gli alpini del Centro-Sud i quali – non è certo necessario ricordarlo – hanno pari dignità di tutti gli altri alpini, diversi solo nelle difficoltà: è facile essere alpini nella vita civile in Val d’Aosta, sull’Appennino bolognese o in Carnia. Meno facile è esserlo a Latina, a Bari, a Napoli. O in Sicilia. Per questo andremo a Catania, per dire a quagli alpini che siamo tutti alpini, e ci andiamo anche per coloro che per motivi di età, di salute o economici, non potranno andarci. Dobbiamo andarci anche per coloro che non potranno”.
Risposta esauriente e squisitamente alpina.
Sono sicuro che ritorneremo dalla Sicilia dicendo che Catania è stata una delle più belle adunate. Perché Catania ci accoglierà con il suo straordinario calore che è grande quanto è grande il sole di Sicilia. Per tante penne nere poi (si dice che gli alpini sono gente casalinga e quel poco d’Italia che conoscono l’hanno visitata proprio grazie alle adunate) sarà l’occasione di scoprire una terra di grande storia e di rara bellezza (dice una leggenda che, dopo aver fatto il mondo, il Creatore, non del tutto contento della sua opera, volesse completarla con qualcosa di particolarmente bello. E creò la Sicilia).
Chi raggiungerà Catania via mare, con il viaggio in nave da crociera organizzato dalla Sezione, avrà poi occasione, di partecipare ad un momento solenne e toccante: l’omaggio ai caduti di Cefalonia.
Cefalonia è una delle pagine più tristi e dimenticate della nostra storia. Dopo l’8 settembre 1943, in nome del re o dell’onore qualcuno si rifiutò di deporre le armi e la reazione dei Tedeschi fu feroce. E nell’isola di Cefalonia, per aver rifiutato di arrendersi alle truppe hitleriane, 9640 fanti della divisione “Acqui” furono trucidati, molti con un colpo alla nuca.
Storie di inaudito eroismo e di spaventosa grandezza.
Storie dimenticate.

Gianfranco Dal Mas


Palazzo Ducale di Genova: facciata


Le voci della sfilata -
gli speakers dell’Adunata.
Da sinistra gli avvocati Guido Alleva, Nicola Stefani (sez. Conegliano), 
Emanuele Principi e Carlo Tricerri (reduce di Russia).

Il capo di Stato maggiore della difesa Gen. Mosca Moschini,
il vice presidente del Senato Giovanardi. il presidente Parazzini,
 il ministro Mattarella e il sen. gen. Manfredi.